Meloni: «Aiutiamo i redditi più alti? Ci vuole coraggio a dire cose del genere»
La premier interviene sulle critiche e torna a punzecchiare Landini sullo sciopero: «Rivoluzione mai di martedì». Il leader della Cgil replica: «Giorgetti si lamenta? Massacrati solo i lavoratori»

Rimangono forti le polemiche all’apertura delle due settimane decisive per apportare modifiche alla manovra. Il governo non ci sta a passare per l’esecutivo dalla parte dei ricchi. E così da Bari i vertici del centrodestra – partecipando a un incontro pubblico a sostegno della candidatura di Luigi Lobuono a presidente della Regione Puglia – hanno ribadito le scelte sulla legge di Bilancio. Manovra per i ricchi? Per Giorgia Meloni «ci vuole coraggio per dire una cosa del genere», che poi ha proseguito: «Vale 18,7 miliardi di euro ed è stata definita una manovrina dall’opposizione. Ma vale la pena di ricordare all’opposizione che avremmo potuto fare una manovrona se non avessimo 40 miliardi di euro di crediti del geniale Superbonus di Conte», ha detto la premier.
Già domenica il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva affermato che «siamo stati massacrati, ma pensiamo di essere nel giusto». Il titolare del Mef aveva risposto alle critiche di Istat, Upb, Bankitalia e Corte dei conti. Tra prelievo alle banche, caos dividendi, pensioni, Irpef, Irap, sanità, difesa e spending review, Giorgetti ha difeso la manovra, che è certamente da aggiustare in Parlamento, ma l’impianto deve restare quello attuale, almeno i saldi, ma anche le principali misure. Dietro le parole di Giorgetti c’era anche il segnale politico forte e chiaro: la legge di Bilancio l’ha votata tutto il Consiglio dei ministri e non solo il Mef.
Meloni ha detto anche altro: «Abbiamo messo in manovra una misura sui rinnovi contrattuali, che voleva la Cgil, e la Cgil cosa fa? Sciopero generale, di venerdì. Non sia mai - ha aggiunto - che la rivoluzione la facciamo di martedì, a dimostrazione che i diritti dei lavoratori non sono prioritari per alcuni».
Mentre il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito che «la manovra la scrivono Governo e Parlamento, poi si possono migliorare alcune cose e così sarà. C'è già una convergenza sull'idea di poter migliorare. Noi faremo le nostre proposte, soprattutto su forze dell'ordine, art. 18 e affitti brevi. Quindi no tasse sulla casa e doppia tassazione sui dividendi».
«In questa legge riusciamo ad aumentare gli stipendi a tanti lavoratori, riusciamo a portare a casa la rottamazione delle cartelle esattoriale, anche perché siamo riusciti a chiedere un contributo alle banche. Landini vuole tassare i ricchi e secondo lui sono ricchi anche quelli che portano a casa 2 o 3 mila euro netti al mese. Io penso che Landini abbia difficoltà a conoscere il mondo del lavoro», ha sottolineato l’altro vicepremier Matteo Salvini.
Ma Landini è tornato intanto sulle parole di Giorgetti: «Massacrati sono i lavoratori». Gli ha fatto eco la segretaria del Pd Elly Schlein: «Con Giorgia Meloni al governo la pressione fiscale è salita al 42,8%, il massimo degli ultimi dieci anni. Lo dicono i dati del Governo, non del Pd. Il governo Meloni ha aumentato le tasse per tutti. E come se non bastasse nella prossima manovra aiuta di nuovo i più ricchi anziché il ceto medio che si è impoverito».
«Mi fa sorridere leggere qualche ministro che ci chiede di mettere sul tavolo proposte concrete e non “fantasie” – ha detto il leader M5s, Giuseppe Conte –. Il problema è che il governo non vuole prendere i soldi da extraprofitti di banche e colossi energetici, dai giganti del web e dallo stop alla folle corsa al riarmo. Bankitalia e Istat non sono covi di pericolosi comunisti: se tutti fanno a pezzi la legge di Bilancio, forse dovrebbero porsi qualche domanda».
Con l'avvicinarsi intanto della scadenza per gli emendamenti, venerdì, i partiti continuano però a chiedere di più. In primis la Lega, che insiste per ampliare le maglie della rottamazione delle cartelle. E con una proposta che, ammette lo stesso senatore Claudio Borghi, «farà discutere»: un emendamento per «vendere agli altri Paesi le nostre quote del Mes», in modo da «procurarci 15 miliardi per abbassare le tasse». Parole bollate come «uno scandalo» dall’opposizione. Anche sulle pensioni, fa sapere Salvini «sta lavorando» il sottosegretario Durigon e «ci sono margini».
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