Caso Almasri, il Governo vuole cambiare le regole di collaborazione con la Cpi
Roma risponde alla richiesta di ulteriori informazioni dei giudici dell'Aja, adombrando la possibilità di modificare la legge di ratifica della cooperazione con la Corte.

C’è un nuovo carteggio fra Roma e l’Aja nel travagliato "affaire" della liberazione del generale libico Almasri, ricercato per crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale, arrestato a Torino il 19 gennaio ma liberato e riaccompagnato a Tripoli con un volo di Stato dopo due giorni, quando erano decorse invano 48 ore in attesa che arrivasse il parere del Guardasigilli. È giunta infatti ieri la risposta del Governo alle richiesta della Cpi di fornire, entro fine ottobre, ulteriori informazioni. Ed è una risposta che i giudici dell’Aja soppeseranno con attenzione, visto che annuncia fra le righe l’intenzione dell’Italia di mettere mano al quadro normativo che disciplina la collaborazione con la Corte. Lo scorso 18 ottobre le tre giudici della camera preliminare I dell'Aia - pur stabilendo che «L’Italia, non eseguendo correttamente la richiesta d’arresto e consegna» del generale libico Almasri, «non ha rispettato i propri obblighi internazionali» di cooperazione» - avevano deciso a a maggioranza di rinviare la scelta sull’eventuale deferimento del nostro Paese all’assemblea degli Stati parte o al Consiglio di sicurezza dell’Onu. E avevano concesso al Governo Meloni tempo per fornire, entro il 31 ottobre, informazioni «su eventuali procedimenti interni pertinenti e sul loro impatto sulla cooperazione con la Corte».
La replica di Roma
Venerdì il Governo ha risposto via mail con una missiva in inglese sottoscritta dall'ambasciatore italiano nei Paesi Bassi, Augusto Massari. Nel testo, si rappresenta che «l’esperienza maturata con il caso Almasri ha portato l’Italia «a rivedere e migliorare le modalità pratiche e le forme giuridiche di comunicazione tra gli organi dello Stato nei casi di richieste di cooperazione da parte di questa Corte per l’arresto e la consegna di indagati». Di più: è allo studio «una possibile revisione della legge 237 del 2012», che regola la cooperazione giudiziaria con la Cpi. Ciò, si assicura, «al fine di ottemperare agli obblighi internazionali», che l’Italia conferma di voler rispettare, ma «nel quadro degli interessi di sicurezza nazionale, nonché della posizione geopolitica del Paese e della legislazione costituzionale e interna». Ancora, Massari informa la Corte del fatto che, contro la decisione del Parlamento di negare l’autorizzazione a procedere per i ministri della Giustizia e dell’Interno Nordio e Piantedosi e per il sottosegretario Mantovano (assunta nei giorni scorsi con voto dell’Aula della Camera), la magistratura italiana può «sollevare il conflitto di attribuzione di poteri dello Stato dinanzi alla Corte Costituzionale». E comunica che «una seconda indagine collegata al caso Almasri», quella sulla capo di gabinetto della Giustizia, Giusi Bartolozzi, «è stata formalizzata dalla Procura di Roma». Giovedì, la Corte d’Appello romana ha inviato una ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale affinché si pronunci sulle procedure di arresto. I giudici chiedono alla Consulta se non sia più corretto, nel quadro della legge 237, che l'interlocuzione tra la Corte Penale e la procura avvenga senza l'intermediazione del ministro della Giustizia. Un quesito finito sul tavolo della Corte costituzionale. Quanto alla lettera del Governo alla Cpi, bisognerà attendere qualche giorno per capire quale valutazione ne faranno i giudici dell’Aja.
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