sabato 5 novembre 2022
Di fronte a 30mila fedeli provenienti da tutto il Golfo Persico e riuniti nel National Stadium, Francesco ha invitato a far proprio l'insegnamento di Gesù: amare sempre, amare tutti
Alla Messa in Bahrein: "Amare i nemici, no a vendette, smilitarizzare i cuori"
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Amare sempre. Amare tutti. Anche i nemici. Spezzando la spirale della vendetta e “smilitarizzando il cuore”. Risuonano nel Bahrein National Stadium, trasformato in un cenacolo a cielo aperto, le parole di Gesù. E sulla bocca del Papa che se ne fa interprete fiorisce la ricetta antica per un mondo nuovo: “L’essenziale per un cristiano è saper amare come Cristo. Così cadono le mura che ci irrigidiscono il cuore e troviamo la gioia di compiere opere di misericordia verso tutti”. Cioè in definitiva diventiamo “operatori di pace”.

Pace e gioia sono infatti gli ingredienti di questo viaggio, che tocca uno dei suoi vertici proprio qui, nello stadio gremito sia sugli spalti che sul prato davanti al palco sormontato da un grande arco giallo. Per stringersi intorno al Papa sono arrivati oltre che dal Bahrein anche da Kuwait, Qatar e Arabia Saudita, nonché da altri Paesi del Golfo. Trentamila persone, quanti ne può contenere l’impianto sportivo. Ma le nazionalità presenti sono molte di più, dato che nel Paese c’è un mosaico di lavoratori immigrati da varie parti del mondo, America Latina compresa. E se ne ha la prova al momento della preghiera dei fedeli, quando si ascoltano – come a Pentecoste – tante lingue diverse: il Konkani e il Malayalam, tipiche dell’India, il Tagalog delle Filippine, lo Swahili dell’Africa e il Tamil dello Sri Lanka, oltre all’inglese naturalmente, che unifica le diverse parti della liturgia. E c’è anche un pizzico di Italia nel canto don Marco Frisina, Jesus Christ you are my life, con cui lo stadio accoglie Francesco, durante il suo festoso giro in papa mobile prima della celebrazione, fra un tripudio di bandierine biancogialle e bambini issati sulle braccia affinché il Pontefice possa baciarli.

Gioia per gli occhi e per le orecchie questo fiorire di idiomi che è esempio anche linguistico di cattolicità, per una delle messe più grandi mai celebrate da queste parti. Ma la lingua che più sta a cuore al Papa è quella del Vangelo. E lui la declina nell’omelia pronunciata (caso unico in questo viaggio) in spagnolo. Amare i nemici, soprattutto. “Gesù – ricorda Francesco – non dice che sarà facile e non propone un amore sentimentale e romantico. Non è irenico, ma realista. Sa che all’interno dei nostri rapporti avviene una quotidiana lotta tra amore e odio”. Egli, aggiunge il Pontefice, “vede e soffre vedendo ai nostri giorni, in tante parti del mondo, esercizi del potere che si nutrono di sopraffazione e violenza, che cercano di aumentare il proprio spazio restringendo quello degli altri, imponendo il proprio dominio e limitando le libertà fondamentali, opprimendo i deboli”. Ma ciò nonostante chiede di restare fedeli all’amore sempre e verso tutti. Cristo – sottolinea papa Bergoglio – domanda a noi di impegnarci a vivere concretamente e coraggiosamente la fraternità universale, perseverando nel bene anche quando riceviamo il male, spezzando la spirale della vendetta, disarmando la violenza, smilitarizzando il cuore”.

Francesco raccomanda di partire dalle situazioni concrete della vita di ognuno, prima ancora che dalle grandi questioni dell’umanità. In famiglia, nella comunità cristiana, nella realtà lavorativa e sociale. L’invito di Gesù è “disinnescare, spezzare la catena del male, rompere la spirale della violenza, smettere di covare risentimento, finire di lamentarsi e di piangersi addosso”. In sostanza, spiega ancora Francesco, amare i propri nemici “significa scegliere di non avere nemici, di non vedere nell’altro un ostacolo da superare, ma un fratello e una sorella da amare. Amare il nemico è portare in terra il riflesso del Cielo, è far discendere sul mondo lo sguardo e il cuore del Padre, che non fa distinzioni, non discrimina, ma ‘fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti’”.

Al termine, papa Francesco invita a pregare così: “Gesù, tu che mi ami, insegnami ad amare come te. Gesù tu che mi perdoni, insegnami a perdonare come te”. Perché - conclude il Pontefice prima di manifestare al Vicariato apostolico dell’Arabia del Nord “l’affetto e la vicinanza e l’incoraggiamento della Chiesa universale” - “la grandezza del suo potere non si serve della forza della violenza, ma della debolezza dell’amore”.

Alla fine della Messa il vicario apostolico, monsignor Paul Hinder ha ringraziato il Papa per la sua presenza. “Siamo un piccolo gregge composto da migranti provenienti da tutto il mondo. In questa gioiosa occasione, Vi assicuriamo la nostra preghiera e rinnoviamo la nostra fedeltà”, ha sottolineato. Quindi ha aggiunto: “Come San Francesco d’Assisi, Lei non ha paura di costruire ponti con il mondo musulmano e di mostrare la Vostra vicinanza fraterna a tutte le persone di buona volontà, indipendentemente dal loro background culturale e credo religioso. Noi cristiani del Medio Oriente – quelli di antica tradizione orientale e quelli che, come migranti, risiedono temporaneamente in questa parte del mondo – cerchiamo di attuare l’invito di San Francesco ai suoi fratelli a vivere spiritualmente tra i musulmani... per non litigare e (semplicemente) riconoscere che (noi) siamo cristiani”. Infine un grazie anche al re del Bahrein, Hamad bin Isa bin Salman Al Khalifa, “insieme alla famiglia reale e ai membri del governo, che generosamente hanno reso possibile questa Visita e ci hanno concesso questo spazio per una Messa pubblica con una così grande folla”.

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