
Il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo - Agenzia Romano Siciliani
«Sarà un pontificato in continuità con il magistero di papa Francesco. E di ciò sono molto felice. È quello che la maggioranza dei cardinali ha voluto». Il cardinale Jean-Claude Hollerich ha il volto sorridente, anche se non nasconde la stanchezza. «Sono state giornate intense», confida. Sia quelle delle Congregazioni generali, sia quelle del Conclave che ha eletto Leone XIV. «In realtà abbiamo impiegato ventiquattro ore per scegliere il nuovo Papa», racconta ad Avvenire l’arcivescovo di Lussemburgo. Sessantasei anni, modi gentili ma decisi, aggiunge subito: «Credo che sarà il mio primo e ultimo Conclave. Perché auguro lunga vita al Papa». Agostiniano il nuovo Pontefice. E Hollerich gesuita come Francesco che ha fatto della sinodalità una delle cifre del suo pontificato. Dimensione cara al cardinale lussemburghese che ne è un tenace sostenitore e che è stato relatore generale all’ultimo Sinodo. «Papa Leone - spiega - ha parlato di “Chiesa sinodale” nel suo primo messaggio. Avendo partecipato ai lavori del Sinodo, abbiamo un Pontefice che conosce la sinodalità, che capisce la sinodalità, che osa la sinodalità. Non ci sarà alcuna rivoluzione che nella Chiesa nessuno vuole, ma un’evoluzione sì. Ed è la migliore via di cambiamento».
Eminenza, che cosa aspettarsi dal nuovo Papa?
Non una copia di papa Francesco, perché una copia è di per sé debole e non è mai bella come l’originale. Dunque Leone XIV avrà il suo stile e le sue caratteristiche, ma sulla scia di Francesco. Certo, non lo abbiamo scelto perché sembra meno appariscente del predecessore.
Il Papa è agostiniano. Benedetto XVI amava e studiava sant’Agostino. Leone XIV sarà ponte fra gli ultimi due pontificati?
Francesco ha avuto molti punti in comune con papa Benedetto. Chi non amava le intuizioni di papa Bergoglio lo ha messo in contrapposizione con papa Ratzinger. Invece penso che il loro magistero sia contiguo. E Benedetto XVI era soddisfatto dell’elezione di Francesco. Leone XIV ha alcuni tratti di papa Benedetto nel suo approccio. E vuole una riconciliazione ecclesiale ma non attraverso elementi esteriori come, invece, immagina certa gente: ad esempio, con la scelta o meno di abitare nel Palazzo Apostolico o con ciò che indossa. Lui sa che la Chiesa non è sinonimo di uniformità. Prendiamo il Collegio cardinalizio: abbiamo porporati che non comprendono l’italiano o non conoscono il latino. Ciò che conta è che la polarizzazione propria del mondo non contagi la Chiesa. Perché nella Chiesa siamo tutti discepoli di Cristo. Se qualcos’altro diventa più importante, vuol dire che ci siamo allontanati dal Signore.
Il Conclave è stato breve. Un segnale?
Sì, dell’unità della Chiesa. La grande maggioranza dei cardinali ritiene che la Chiesa debba guardare avanti e non tornare dietro.
A proposito del Sinodo, papa Francesco aveva autorizzato dal letto di ospedale la pubblicazione della lettera che prolunga di altri tre anni il cammino sinodale. Papa Leone ha preso parte al Sinodo come prefetto del Dicastero per i vescovi. Non ha avuto timori o paure. E ha visto come la sinodalità renda la Chiesa più missionaria. Penso, quindi, che il percorso proseguirà. Sicuramente il segretario generale del Sinodo, il cardinale Mario Grech, andrà da Leone XIV per informarlo di quanto deciso da Francesco. Il nuovo Papa potrebbe apportare anche qualche aggiustamento, com’è naturale che sia da parte di ogni nuovo Pontefice. Comunque la sinodalità è connaturata alla Chiesa. Valorizzarla significa anche migliorare certe strutture ecclesiali che sono diventate troppo simili a quelle statali. Proprio il cardinale Grech mi ha raccontato di ricevere lettere e rapporti da cui emerge come la sinodalità stia rinvigorendo le Chiese locali.
Il Papa è americano e chiede ponti. Anche verso i migranti che l’amministrazione Usa deporta?
Non abbiamo eletto un Papa anti-Trump. Abbiamo scelto un uomo di preghiera, un discepolo di Gesù, un timoniere che sappia guidare la Chiesa fra le onde della storia. Il fatto che sia un cittadino americano è una coincidenza. Anche perché Donald Trump passerà, mentre il pontificato di Leone durerà a lungo.
La dichiarazione Fiducia supplicans che apre alle benedizioni delle coppie “irregolari”, comprese quelle omosessuali, ha ricevuto critiche da parte di alcuni episcopati, in particolare dell’Africa. Che cosa accadrà?
Papa Leone ha detto dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro che la Chiesa è aperta a tutti. Anche questa è una continuazione dell’impostazione di Francesco che ripeteva: “Tutti, tutti, tutti”. C’è un universalismo messianico nel cristianesimo secondo cui il messaggio di salvezza di Gesù è per l’intera umanità. Quindi, rivolto a tutti. Anche agli omosessuali. Nessuno può affermare che Cristo sia morto in Croce per tutti, tranne che per gli omosessuali. La discriminazione non è cristiana. Su Fiducia supplicans ipotizzo che il nuovo Papa possa reinterpretarla ma non abolirla. Tra l’altro la Chiesa non intende equiparare al matrimonio le unioni fra persone dello stesso sesso. E infatti la dichiarazione pone l’accento sul fatto che ogni persona è benedetta da Dio.
Francesco ha modificato l’architettura della Curia Romana. Una riforma da completare?
Non tutto è stato ancora messo in pratica. E occorre andare avanti, come era già consapevole il cardinale Prevost che della Curia faceva parte. La Curia è a servizio del Papa e della collegialità episcopale. Lo stile sinodale può contribuire a renderla più efficace.
Quale ruolo per le donne nella Curia Romana e nelle Chiese locali?
Sono felice che sia una religiosa, suor Raffaella Petrini, a capo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. E reputo molto competente suor Simona Brambilla che guida il Dicastero per gli istituti di vita consacrata. Se non vogliamo lasciare le donne ai margini della Chiesa, serve condividere anche gli spazi decisionali. Nella mia arcidiocesi, ad esempio, una donna è responsabile della formazione, inclusa quella dei sacerdoti, e ho voluto due donne nel team dei Seminari.
Leone XIV ha ripetuto la parola “pace” nove volte nel suo saluto al mondo dopo l’elezione. Quale messaggio manda?
La pace ha molteplici volti: la pace implica meno antagonismo; la pace ha necessità di meno polarizzazione e di più dialogo; la pace ha bisogno dell’incontro con l’altro differente da noi. Soltanto se saremo davvero donne e uomini di pace nella vita quotidiana, avremo anche una rilevanza nelle decisioni politiche.
Lei è stato missionario in Giappone; papa Prevost in America Latina. L’esperienza missionaria è un aiuto?
Sicuramente. Papa Leone ha vissuto in Perù assumendo su di sé una cultura diversa dalla propria. Lo stesso è successo a me quando sono stato in Asia. Tutto ciò consente di allargare lo sguardo, soprattutto a chi viene dal nord del mondo. Non ci può essere una Chiesa che viene pensata solo all’occidentale.