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L'udienza ai partecipanti al Giubileo delle Chiese orientali - ANSA
Pace in Medio Oriente e in tutte le altre zone di guerra, dall’Ucraina, al Tigray e al Caucaso. E un appello affinché i cristiani possano restare nelle loro terre di origine, specie in quelle in cui è nato il cristianesimo. Sono le due forti sottolineature nel discorso che questa mattina Leone XIV ha rivolto ai patriarchi, agli arcivescovi e ai fedeli della Chiese Orientali in comunione con Roma, venuti nella Capitale per celebrare il Giubileo.
Dall’Aula “Paolo VI” gremita da oltre settemila persone, è dunque partito un messaggio destinato a tutti i coloro che possono costruire la pace. «Dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso – ha notato il Pontefice -, quanta violenza! E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbero provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: Pace a voi!».«Perché questa pace si diffonda – ha sottolineato il Vescovo di Roma -, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo».
Poi papa Prevost ha aggiunto: «La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi».
Per il Pontefice, però, la pace ha un preciso significato. È quella di Cristo, non solo quella del mondo. «La pace di Cristo – ha spiegato - non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare».
Collegato a questo appello è quello a fare in mondo che i cristiani possano restare a casa loro. La diaspora, infatti, legata alla violenza e agli orrori della guerra è sempre più forte. Leone XIV ha notato: «La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo».
Quanto alla vita delle comunità di rito orientale in comunione con Roma, il Papa ha ribadito la loro importanza e l’apporto che possono dare alla vita della Chiesa universale. «Siete preziosi. La Chiesa ha bisogno di voi. Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano! Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali».
«Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove – ha aggiunto -, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti».Ecco perché quella identità va preservata. «Ai nostri giorni tanti fratelli e sorelle orientali, tra cui diversi di voi, costretti a fuggire dai loro territori di origine a causa di guerra e persecuzioni, di instabilità e povertà, rischiano, arrivando in Occidente, di perdere, oltre alla patria, anche la propria identità religiosa.
E così, con il passare delle generazioni, si smarrisce il patrimonio inestimabile delle Chiese Orientali». Infine un appello alla comunione intraecclesiale. «Lo splendore dell’Oriente cristiano – ha concluso Leone XIV - domanda, oggi più che mai, libertà da ogni dipendenza mondana e da ogni tendenza contraria alla comunione, per essere fedeli nell’obbedienza e nella testimonianza evangeliche».