venerdì 18 aprile 2025
A guidare il rito il cardinale Reina. Le meditazioni di Francesco: «La via del Calvario passa in mezzo alle nostre strade di tutti i giorni», ma spesso si va in direzione opposta a Gesù
Il mondo al Colosseo per la Via Crucis. «Gesù ridà forza a chi è caduto»

Agenzia Romano Siciliani

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Le torce ai lati della croce si muovono piano nella sera romana rischiarata da flebili luci, tutto intorno al Colosseo. Immagini di una fede in movimento, con le sue cadute e le sue denunce (ad esempio «l’economia che uccide e scarta»), con la tentazione di andare in direzione opposta a quella di Gesù, ma anche con la forza di riconoscersi peccatori. Con l’occhio ai mali di un mondo di algoritmi e «interessi implacabili», ma con la fiducia che in Cristo tutto può cambiare. E che in definitiva servire Lui è regnare, «dando da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestendo chi è nudo, ospitando i forestieri, visitando i malati e i carcerati, seppellendo i morti».


Sono alcuni dei tanti spunti contenuti nelle meditazioni scritte dal Papa per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo e risuonate durante il pio rito. Il testo è stato diffuso in anticipo, ieri, dalla Sala Stampa della Santa Sede, assieme all’elenco delle persone che hanno portato la croce.

Persone scelte in maniera “tematica”, tenendo cioè conto dell’argomento delle diverse stazioni. Nella prima e l’ultima è stato invece il cardinale vicario di Roma, Baldo Reina, che ha guidato tutta la Via Crucis, a portarla personalmente.


Dal centro di Roma, Francesco nota innanzitutto che «la via del Calvario passa in mezzo alle nostre strade di tutti i giorni». La Via dolorosa «è la preghiera di chi si muove. Interrompe i nostri percorsi consueti, affinché dalla stanchezza andiamo verso la gioia. È vero – ricorda il Pontefice –, ci costa la via di Gesù: in questo mondo che calcola tutto, la gratuità ha un caro prezzo. Nel dono, però, tutto rifiorisce: una città divisa in fazioni e lacerata dai conflitti va verso la riconciliazione; una religiosità inaridita riscopre la fecondità delle promesse di Dio; persino un cuore di pietra può cambiarsi in un cuore di carne. Soltanto, occorre ascoltare l’invito: “Vieni! Seguimi”. E fidarsi di quello sguardo d’amore».


«Noi, Signore – sottolinea ancora Francesco –, andiamo solitamente nella direzione opposta alla tua. Proprio così può capitarci di incontrare il tuo volto, di incrociare il tuo sguardo. Noi procediamo come sempre e tu vieni verso di noi»

, continua il Papa. «I tuoi occhi ci leggono il cuore. Allora esitiamo a proseguire come se nulla fosse successo. Possiamo voltarci, guardarti, seguirti. Possiamo immedesimarci nel tuo cammino e intuire che è meglio cambiare direzione».


Nella

prima stazione (Gesù è condannato a morte)

, il Papa riflette sull’amministrazione della giustizia e sulla tentazione di lavarsene le mani. Invece occorre invocare la capacità di aprire il cuore specie «quando davanti a me c’è una persona giudicata. Quando le mie certezze sono pregiudizi. Quando mi condiziona la rigidità. Quando il bene segretamente mi attrae. Quando vorrei avere coraggio, ma ho paura di rimetterci». «Tu sei ancora, silenziosamente, davanti a noi: in ogni sorella e in ogni fratello esposti a giudizi e pregiudizi. Ritornano argomenti religiosi, cavilli giuridici, l’apparente buon senso che non si coinvolge nel destino altrui: mille ragioni ci tirano dalla parte di Erode, dei sacerdoti, di Pilato e della folla. Eppure, può andare diversamente», sottolinea il Vescovo di Roma. «Tu, Gesù, non te ne lavi le mani».


Nella

seconda (Gesù è caricato della croce, quando a portare la croce sono i giovani)

, il tema è la fuga. «Se cerchiamo scuse per scansare le responsabilità», annota il Pontefice, «pesa più l’egoismo della croce. Pesa più l’indifferenza della condivisione».


Un tema che sembra introdurre quello della

terza (Gesù cade per la prima volta

, con la croce affidata alla Caritas), dove il tema è il fallimento. Il Papa scrive: «Ci raccontano, i costruttori di Babele, che non si può sbagliare e chi cade è perduto. È il cantiere dell’inferno. L’economia di Dio invece non uccide, non scarta, non schiaccia. È umile, fedele alla terra. La tua via, Gesù, è la via delle Beatitudini. Non distrugge, ma coltiva, ripara, custodisce». Perciò, «venga il tuo Regno, per coloro che si sentono falliti. A contestare un’economia che uccide. A ridare forza a chi è caduto. Nelle società competitive e fra chi insegue i primi posti. In chi giace alle frontiere e sente finito il suo viaggio». Chiaro riferimento alle migrazioni. E

i migranti sono chiamati a portare la croce nella XII stazione (in cui si ricorda la morte di Gesù)

, con il Papa che invoca: «Spirito Santo, vieni! Ci siamo mantenuti a distanza dalle piaghe del Signore. Davanti al fratello caduto ci siamo voltati dall’altra parte».


Sempre

in tema di economia (VII stazione

, Gesù cade per la seconda volta, con la croce portata dagli educatori), Francesco rileva: «Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno. Eppure, abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili». Quindi Francesco prega Dio chiedendo «rialzaci», perché «siamo bambini che a volte piangono, adolescenti che si sentono insicuri, giovani che troppi adulti disprezzano, adulti che hanno sbagliato, anziani che vogliono ancora sognare».


La «Chiesa lacerata», che invece deve essere aperta a tutti, si affaccia nella meditazione della X stazione

(Gesù è spogliato delle vesti, con la croce condotta da persone con disabilità). Il Papa scrive: «Ci conosci uno a uno, per salvare tutti, tutti, tutti. E se la Chiesa ti appare oggi come una veste lacerata, insegnaci a ritessere la nostra fraternità, fondata sul tuo dono. Siamo il tuo corpo, la tua tunica indivisibile, la tua Sposa. Lo siamo insieme».


Il riferimento a Maria, che orienta e protegge, è nella quarta stazione

(Gesù incontra sua madre, con la croce portata da una famiglia). Mentre

nella XI (Gesù è inchiodato sulla croce, cirenei qui sono i volontari del Giubileo)

Francesco scrive: «Inchiodato, intercedi: ti metti in mezzo tra le parti, fra gli opposti. La tua croce fa cadere i muri, cancella i debiti, annulla le sentenze, stabilisce la riconciliazione. Sei il vero Giubileo».


In altre meditazioni

Francesco parla di «un mondo a pezzi» in cui «c’è bisogno di lacrime sincere, non di circostanza»

(VIII stazione, Gesù incontra le donne di Gerusalemme, con la croce affidata all’Ordo Viduarum, cioè delle vedove). Nella XIV e ultima (Gesù è deposto nel sepolcro) il Papa ribadisce: «Gesù, che sembri dormire nel mondo in tempesta, portaci tutti nella pace del sabato. Allora la creazione intera ci apparirà molto bella e buona, destinata alla risurrezione. E sarà pace sul tuo popolo e fra tutte le nazioni».


Il tema della sosta per riflettere è presente nella V stazione (quella del Cireneo, con novelli cirenei i membri dell’Unitalsi)

. C’è «bisogno di chi ci fermi, talvolta. Si può lavorare tutto il giorno, ma senza di te ci si disperde». Dio fermi «la nostra corsa, quando andiamo per la nostra strada, senza guardare in faccia nessuno, quando le notizie non ci commuovono, quando le persone diventano numeri, quando per ascoltare non c’è mai tempo».


Le meditazioni del Papa approdano infine alla sponda della speranza. Leggiamo nel commento alla XIII stazione (Gesù è deposto dalla croce, con gli operatori sanitari a portarla): «Sei al tuo posto fra chi spera ancora, fra chi non si rassegna a pensare che l’ingiustizia è inevitabile. Tu rompi la catena dell’ineluttabile, Gesù. Rompi gli automatismi che distruggono la casa comune e la fraternità». Con Gesù il «non c’è più niente da fare», è stato definitivamente sconfitto.


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