sabato 4 novembre 2017
Nel discorso alla Federazione internazionale delle Università Cattoliche. La denuncia delle discriminazioni e della xenofobia presenti anche nei Paesi cristiani
Il Papa: i migranti, sfida alla fede e all'amore dei credenti
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Per i credenti l’emergenza quotidiana, «la vicenda» dei migranti rappresenta una sfida, cioè «una provocazione alla fede e all’amore», una sollecitazione a «sanare i mali derivanti dalle migrazioni e a scoprire il disegno che Dio attua in esse, anche qualora fossero causate da evidenti ingiustizie». In questo senso il riferimento sono le «quattro pietre miliari del cammino della Chiesa attraverso la realtà delle migrazioni contemporanee: accogliere, proteggere, promuovere e integrare» (cfr Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018). Così il Papa nel discorso rivolto ai membri della Federazione internazionale delle Università Cattoliche ricevute in Vaticano. Punto di partenza il convegno promosso alla Gregoriana sul tema "Rifugiati e Migranti in un mondo globalizzato: responsabilità e risposte delle università".

Il diritto di non emigrare

E proprio sulla vocazione degli Atenei cattolici si è soffermata la riflessione di Francesco. In particolare, ha sottolineato il Pontefice il tema delle migrazioni interpella e richiama tre ambiti di competenza del mondo accademico di ispirazione cristiana, cioè quello della ricerca, quello dell’insegnamento e quello della promozione sociale. Il primo, che ha come criterio operativo il dialogo tra ragione e fede, chiama la realtà universitaria a «ulteriori studi sulle cause remote delle migrazioni forzate, con il proposito di individuare soluzioni praticabili, anche se a lungo termine, perché occorre dapprima assicurare alle persone il diritto a non essere costrette ad emigrare» Ma, avverte il Papa «altrettanto importante» è »riflettere sulle reazioni negative di principio, a volte anche discriminatorie e xenofobe, che l’accoglienza dei migranti sta suscitando in Paesi di antica tradizione cristiana, per proporre itinerari di formazione delle coscienze». E a questo proposito andrebbe valorizzato maggiormente l’apporto «dei molteplici apporti dei migranti e dei rifugiati alle società che li accolgono, come pure quelli di cui beneficiano le loro comunità di origine». Il tutto senza mai dimenticare come la Chiesa abbia «sempre contemplato nei migranti l’immagine di Cristo, che disse: “Ero straniero e mi avete ospitato” (Mt 25,35)».

Valorizzare qualità e professionalità dei migranti

Due invece le sollecitazioni del Papa nell’ambito dell’insegnamento, Da una parte la realizzazione «di programmi volti a favorire l’istruzione dei rifugiati, a vari livelli, sia attraverso l’offerta di corsi anche a distanza per coloro che vivono nei campi e nei centri di raccolta, sia attraverso l’assegnazione di borse di studio che permettano la loro ricollocazione», sia, ancora con l’impegno a lavorare per «il riconoscimento dei titoli e delle professionalità dei migranti e dei rifugiati, a beneficio loro e delle società che li accolgono». Ma dall’altra parte occorre anche «formare in modo specifico e professionale gli operatori pastorali che si dedicano all’assistenza di migranti e rifugiati». Quanto alla promozione sociale, invece l’università, soprattutto quella cattolica, è chiamata a farsi carico «della società in cui si trova a operare, esercitando anzitutto un ruolo di coscienza critica rispetto alle diverse forme di potere politico, economico e culturale. Per quanto riguarda il complesso mondo delle migrazioni, la Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale ha suggerito “20 Punti di Azione” come contributo al processo che porterà all’adozione, da parte della comunità internazionale, di due Patti Globali, uno sui migranti e uno sui rifugiati, nella seconda metà del 2018».

Ambiti, progetti, priorità che si riassumono nel compito urgente di «educare i propri studenti, alcuni dei quali saranno leader politici, imprenditori e artefici di cultura, a una lettura attenta del fenomeno migratorio, in una prospettiva di giustizia, di corresponsabilità globale e di comunione nella diversità culturale».

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