mercoledì 20 luglio 2022
La partenza sarà domenica, con ritorno il 30 luglio. Al centro del viaggio gli abusi di cui furono vittime molti bambini nelle cosiddette scuole residenziali gestite dalle Chiese cristiane
L’ascolto delle popolazioni indigene cuore del viaggio

Ansa

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Un viaggio «molto atteso», un «pellegrinaggio penitenziale» per le ferite inferte alle popolazioni indigene anche da membri della Chiesa cattolica, avendo come sfondo la cura del creato e la guerra in Ucraina. Così il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha definito il 37° viaggio internazionale di papa Francesco, che da domenica prossima al 29 luglio raggiungerà il Canada, 56° Paese visitato dall’inizio del pontificato.
Nel consueto briefing per illustrare la visita apostolica il portavoce vaticano ha ricordato che Giovanni Paolo II è stato tre volte nel Paese: nel 1984, nel 1989 e nel luglio 2002, esattamente vent’anni fa, per la Gmg di Toronto. In tutte queste occasioni papa Wojtyla si è sempre rivolto con parole di ammirazione e rispetto alle popolazioni indigene.

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Viaggio che «nasce da cinque incontri: con i singoli gruppi di indigeni Roma, nel marzo scorso, e con i diversi gruppi insieme il primo aprile». E proprio «il discorso fatto alle delegazioni il 1° aprile dà indicazioni chiare sulla natura delle indicazioni del Papa e del senso che gli attribuisce». In quella occasione, incontrando gruppi delle First Nations (“Prime Nazioni”), dei Métis (“meticci”) e degli Inuit, il Papa aveva tuonato contro ogni «colonizzazione ideologica». Aveva manifestato «dolore e vergogna per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali». E aveva aggiunto: «Vorrei dirvi, di tutto cuore: sono molto addolorato. E mi unisco ai fratelli vescovi canadesi nel chiedervi scusa. È evidente che non si possono trasmettere i contenuti della fede in una modalità estranea alla fede stessa». Il riferimento è alle cosiddette «scuole residenziali», istituite dal governo e gestite dalle Chiese cristiane per “rieducare” secondo i canoni occidentali i giovani nativi strappandoli dalle famiglie. Un sistema nato a fine Ottocento e mantenuto fino alla seconda metà del secolo scorso.

Quindi tra i temi dei nove discorsi del Papa - che verranno tutti pronunciati in lingua spagnola - Bruni ha ipotizzato che saranno centrali «quello del colonialismo, per il passato e per il presente, e quello del camminare insieme, usato anche dai vescovi locali». «Indignazione, dolore e vergogna» i sentimenti papali «per lo sradicamento imposto alle popolazioni indigeni e le ferite loro inferte» sono «elementi che potremmo ritrovare nelle parole e nei gesti prossimi giorni», ha commentato Bruni a proposito di un viaggio che «sarà incentrato sull'incontro e l’ascolto con le popolazioni indigene e avrà sullo sfondo anche un tema caro che unisce le preoccupazioni del Papa e di quei popoli: la cura del creato». In Canada, ha aggiunto inoltre Bruni, «c’è una comunità cattolica che si confronta con un mondo secolarizzato e anche lontano dalle culture tradizionali, e che si interroga su come annunciare il Vangelo in questo mondo». Da tener presente, infine, il fatto che mentre Francesco è in viaggio «continua la guerra in Ucraina».

Per quanto riguarda la salute del Papa, il portavoce vaticano, a domanda dei giornalisti, ha risposto: «Si vedrà momento per momento, a seconda della situazione: non andrei a fare previsioni».

Papa Francesco partirà domenica mattina e in meno di una settimana visiterà quattro località: Edmonton e la vicina Maskwacis nell’Ovest del Paese, Québec City e Iqaluit, vicino al circolo polare artico. Due le Messe, nel segno della “nonna di Gesù”, molto venerata tra i nativi. La prima ad Edmonton il 26, festa dei santi Gioacchino e Anna, genitori della Beata Vergine Maria. La seconda al santuario nazionale di Sainte Anne de Beaupré, Québec, il 28.

Nel seguito papale oltre ai vertici della Segreteria di Stato ci saranno anche i due cardinali di curia canadesi. Marc Ouellet, prefetto del Dicastero per i vescovi, e il gesuita Michael Czerny (nato nell’allora Cecoslovacchia ma cresciuto nel Paese nordamericano), prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

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