Via dal mercato totale. Lo dicono i fatti: liberare le domeniche è buono e giusto
venerdì 28 settembre 2018

Caro direttore,
sono in totale disaccordo con il Governo e in particolare con il ministro Di Maio, per questa proposta totalmente illiberale e vetero comunista di obbligare gli esercizi commerciali, piccoli e grandi, alla chiusura nei giorni festivi. E mi rammarica che la Chiesa e il quotidiano di riferimento dei cattolici sia su queste posizioni liberticide e soprattutto negative nel campo occupazionale. Le posso assicurare, per conoscenza diretta, che, seppur a macchia di leopardo, sono molti i supermercati e i negozi che hanno assunto personale per coprire i festivi e permettere una turnazione congrua dei dipendenti. Piuttosto di vietare, non sarebbe meglio proporre? Ossia, chi vuol tenere aperto nei festivi deve assumere personale e nessun dipendente può lavorare oltre le due domeniche al mese. O ancora meglio potrebbero assumere personale giovane, studenti o comunque non ancora con famiglia propria solo per coprire i festivi. Mi sembrerebbe una cosa equa e sopportabile. Premetto che raramente usufruisco dei festivi per fare spesa o acquisti in genere. Non amo la cultura consumistica e quella di chi porta l’intera famiglia la domenica al centro commerciale. Sono cattolico e anche abbastanza tradizionale. Credo però che in un periodo in cui il lavoro non prospera sia autolesionistico stoppare le opportunità che ci sono e trovarsi con altri 30/40mila disoccupati in più.

Fabio Grasso

Conduciamo questa battaglia da molti anni, ispirati da quei... vetero-comunisti dei nostri Papi, in particolare – su questo tema – da Benedetto XVI, padre nella Chiesa e figlio di una Germania che nella difesa del «tempo di Dio e della comunità» continua a essere in prima linea con la concretezza e la solidità della prima potenza economica e produttiva d’Europa. Ma mi pare, gentile signor Grasso, che lei conosca bene gli argomenti dei nostri avversari e non abbia invece letto granché di ciò che abbiamo documento e argomentato sulle pagine di 'Avvenire' a questo proposito. Non mi sembra conosca i veri numeri sulla presunta maggior ricchezza prodotta dalla riduzione sistematica – e per tutte le attività (anche non essenziali) – dei giorni della festa in giorni di lavoro. Rifletta anche solo sui dati Istat che abbiamo offerto ai lettori con l’articolo di Luca Mazza di mercoledì 26 settembre: smontano ancora una volta le verità preconfezionate. La liberazione delle domeniche si può modulare, certo, ma la questione è più seria: bisogna uscire dal tunnel del 'mercato totale' nel quale ogni giorno è uguale all’altro e la libertà è sempre e solo nelle compravendite... Anche questo è un fatto. E si può essere in disaccordo politico con chiunque, ma coi fatti bisogna fare i conti. Buona lettura e grazie per la sua franchezza, che come vede ricambio.

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