domenica 12 giugno 2011
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Caro direttore,le scrivo di getto e mi sforzo di farlo brevemente (non può essere diversamente, anche se sono molti mesi che ci rifletto e dovrei mandarle un trattato...). Cerco di riassumere in un solo punto: avverto il rischio di uno scontro aperto tra due linee culturali. Il fatto è per me troppo grave, anche se non mi scandalizzo: mi hanno insegnato a pregare. Una linea privilegerebbe la dottrina, la verità, la tradizione, la formazione della coscienza, l’identità ecc.. L’altra, la carità "concreta", l’impegno, alcune realtà "vulnerabili", la pace, il dialogo, ecc. Naturalmente vi sono presenze che cercano la sintesi (forse anche "Avvenire", lei,..). Ma temo stia crescendo anche quella contrapposizione (le ultime elezioni amministrative, Milano, la giunta Pisapia...). Per formazione e convinzione io non posso accettare che la contrapposizione diventi divisione. Non vedo incompatibilità tra Verità e Carità. Essere posseduti dalla verità e diffonderla è carità, così come la carità non può che essere nella verità. Ho sentito interpretazioni diverse dei "valori non negoziabili". Da parecchio tempo, ben prima del Convegno di Verona, si parla di momenti pre-politici tra i cattolici dove concordare linee comuni secondo la Dottrina sociale della Chiesa, per poi perseguirle in contesti politici anche diversi. Non ne ho visto i risultati. Temo, invece, stia giungendo a maturazione il progetto gramsciano che procede con la nota strategia: non polemizzate con i cattolici, affiancatevi a loro nell’operare. Saranno loro a venire con noi. Penso alla moderazione in questa campagna elettorale di tanti suoi allievi...

Giuseppe Pachera, Verona

Lei scrive, caro Pachera, che «per formazione e convinzione io non posso accettare che la contrapposizione diventi divisione. Non vedo incompatibilità tra Verità e Carità. Essere posseduti dalla verità e diffonderla è carità, così come la carità non può che essere nella verità». Quante volte l’abbiamo scritto anche noi su queste colonne... È questo l’insegnamento della Chiesa. E questo il magistero di Papa Benedetto ci aiuta a comprendere sempre meglio. Vedo che accompagna con un "forse" l’impegno di sempre di Avvenire (e, per quel che vale, mio personale) perché prevalga questa sintesi fertile e felice per la comunità cristiana e per l’intera società. Non ce n’è proprio ragione. Come non c’è ragione per ridurre solo a una fase pre-politica e formativa l’unità di valori e di obiettivi dei cattolici. Anche su questo, del resto, risuonano molto chiaramente i richiami del Papa e dei nostro vescovi alla consapevolezza e all’impegno generoso e motivato in tutta la sfera pubblica, e in special modo nella politica, di una «generazione nuova» di credenti. Grazie per la sua intensa e acuta riflessione.
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