Ripensare e riorganizzare la democrazia dei partiti
sabato 31 agosto 2019

Caro direttore,

in queste giornate in cui i leader politici stanno cercando e, a quanto pare, trovando in Parlamento la possibile soluzione per uscire da una crisi aperta al buio, può essere utile riflettere sul ruolo dei partiti. Riflettere cioè sullo strumento cui la nostra Costituzione, all’articolo 49, affida il compito di operare per «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Nel panorama partitico lasciatoci in eredità dalle ultime elezioni politiche, segnato da fenomeni di frammentazione e dall’emergere di forti centri di gravità nel campo 'sovranista', abbiamo assoluto bisogno di soggetti davvero democratici. Occorrono cioè forze politiche, capaci di dare rappresentanza e di ottenere consenso intorno a una visione politica chiara e di farlo attraverso programmi riconoscibili, confrontabili nella ricerca di una convergenza o di alternative possibili.

Vi è un tema evidente che riguarda la capacità dei partiti di strutturarsi attorno a un’intelligenza profonda delle esigenze, delle lacerazioni e delle attese del Paese. Uno snodo, questo, imprescindibile e per il quale serve un’idea nuova di partito e di forza politica che riannodi le fila di un rapporto fra politica e culture, incluse quelle di ispirazione cattolica, che da troppo tempo è uscito dall’agenda delle nostre classi dirigenti. La grande crisi in cui versa la democrazia rappresentativa, unita ai rischi che il Paese corre, richiede un impegno per vitalizzare la dinamica democratica a cominciare dalla costruzione di soggetti politici capaci di raccogliere consenso. Rispetto a un quadro sociale frantumato e alieno da certezze ideologiche, vi è l’urgenza di una progettualità limpida con cui candidarsi ad essere forza trainante nel Paese e in Europa. Sono in grado i partiti attuali di cogliere questa sfida? Vi è lo spazio per dar vita a nuove formazioni? Occorre un salto di qualità politica che apra una stagione storica diversa, fondata non sulla 'conquista' mediatica del consenso, ma sulla sua costruzione attraverso un processo dialettico e democratico dentro le zone di sofferenza della società.

Occorre un progetto che parta dall’ascolto, dai problemi delle persone, piuttosto che dagli schieramenti o dalle sigle. L’estrema mobilità elettorale fa sì che proposte e progetti efficaci possano riattivare consensi persi o dormienti. Occorre rivolgersi alle persone superando ideologismi ancora presenti, proponendo uno sguardo che restituisca alla politica la sua funzione di guidare processi di riforma ripensando, dove serva, ruoli e funzioni di Stato, partiti, soggetti intermedi, più che sommare ipotetici pesi di liste da aggregare.

L’impatto della crisi economica ha inevitabilmente avuto conseguenze sui partiti e, più in generale, su tutta quella rete di intermediazione fra le istituzioni e la realtà sociale che occorre ridefinire, ripensando il ruolo di movimenti e aggregazioni. Non è questo uno sforzo solo organizzativo bensì culturale. La costruzione di un’ampia aggregazione chiede di partire dai contenuti e dalle idee condivise, perché è dal confronto di queste, da un’elaborazione politica, che può emergere una sintesi che si fa progetto intorno a cui saldare una pluralità di soggetti. Ripensare la forma partito nella chiave di un’identità plurale e inclusiva, chiede di affrontare i temi cruciali di questa stagione politica con uno sforzo culturale in controtendenza rispetto la politica fatta di protesta, spettacolo e personalizzazione. Una politica fatta da persone oneste e non da 'bulletti' che si ritagliano un po’ di scena, magari per il tempismo di inserirsi con rapidità nelle emergenze, o di politici che si dichiarano 'concreti' e, incredibilmente, con ciò intendendo l’essere disposti a dire tutto e il contrario di tutto in una manciata di minuti.

Le forme politiche possono cambiare e, certo, dietro la provocazione – altro non può essere in una società complessa – della 'democrazia diretta' sta il grande tema della profonda revisione delle dinamiche della democrazia, trovando nuove modalità partecipative e deliberative, ed è per questo che la soluzione non può risiedere in demagogici tagli numerici dei parlamentari, possibili solo se si percorre la strada di riforme complessive. Chi può favorire i cambiamenti necessari, raccogliendo consenso equilibrato ed evitando le drammatiche scorciatoie del populismo demagogico? Certo un ruolo di primo piano l’hanno i partiti chiamati, tutti quanti, a un soprassalto di responsabilità verso il Paese. I partiti che in qualche modo hanno ereditato una tradizione e che debbono oggi dimostrarsi plurali e unitari allo stesso tempo, e i partitimovimento, nati di recente, che dovrebbero cogliere questa occasione per una crescita che può passare anche per una salutare autocritica e per un chiarimento interno – da cui l’importanza del metodo democratico – rendendosi così affidabili per intese parlamentari a sostegno di durature azioni di governo.

Tra gli elementi che aggravano la crisi in corso vi è proprio la 'fatica democratica' dei partiti. Riusciranno i nuovi movimenti a mettere in campo una proposta davvero democratica? Sono in grado i soggetti che raccolgono consensi sulla destra a proporre uno o più soggetti affidabili, senza preoccupanti derive sovraniste? È e sarà in grado il Pd di alimentare un lavoro comune fra le grandi tradizioni a cui vuol guardare, inclusa quella cattolico-democratica, dando a ciascuna – condizione indispensabile – pari dignità?

Un ruolo l’ha pure la società, coloro che una volta chiamavamo intellettuali, le varie forme aggregate che rappresentano già un punto di mediazione e un corpo intermedio tra i cittadini e lo Stato. La crisi che stiamo vivendo e di cui non è facile immaginare l’esito offre a tutti un’occasione di presa di coscienza circa la gravità della situazione e i rischi che realisticamente si corrono.

Servono occasioni di riflessione e di elaborazione, occasioni di sintesi. È con questo spirito che Argomenti2000 ha promosso per il prossimo settembre un seminario in una abbazia camaldolese e terrà la sua 'Costituente delle idee', ormai alla terza edizione, il 12 ottobre prossimo a conclusione di un percorso di studio e elaborazione disseminato nel territorio nazionale. Occorre lavorare sui territori, a livello di base, per restituire fiducia all’elettorato, perché anni di mancate riforme hanno alimentato insieme alla protesta e alla rabbia, una marea di astensioni, anche tra le fila di chi dovrebbe essere più che motivato a partecipare, come dimostra l’astensione di oltre il 50% dei cattolici praticanti alle ultime elezioni europee. Così non si va lontano. Ogni partito apra un confronto al suo interno e si chieda come ridare fiato alla partecipazione democratica. Anche a questo è legata la possibilità di uscire da una crisi che va ben oltre quella governativa.

Presidente di 'Argomenti2000'

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