mercoledì 3 agosto 2011
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Caro direttore,condivido pienamente le preoccupazioni sul bavaglio sempre più stretto per le voci piccole ma libere che ha espresso denunciando domenica scorsa il «Nuovo delitto mediatico». Ribatta ancora questo punto, più forte e più chiaramente. Dica apertamente che per noi cattolici non esistono solo i «princìpi non negoziabili»: c’è dell’altro di cui preoccuparsi, molto altro. Cordialmente.

Francesco Sesana, Cernusco sul Naviglio (Mi)

Grazie per il consenso e l’incoraggiamento, caro signor Sesana. Ma ricordi – lo ripeto per chiarezza e non certo per polemica – che tutte le “campagne per” di Avvenire (noi “campagne contro” non ne facciamo) nascono sulle solide fondamenta dei forti riferimenti valoriali del nostro umanesimo e di quell’idea di libertà responsabile che è parte integrante della visione antropologica cristiana. E quando dico “tutte”, intendo proprio tutte.Dalle campagne per pretendere rispetto e sostegno e dare voce ai malati e disabili gravi e alle loro famiglie a quella a favore dei profughi eritrei. Da quella per i veri invalidi mortificati da una lotta contro i falsi invalidi pessimamente impostata a quella per una politica esemplare perché esercitata con sobrietà (nello stile e nei costi), con disciplina e con onore. Da quella per sostenere le iniziative all’insegna della legalità e della solidarietà nelle aree inquinate dalle mafie a quella per un fisco amico della famiglia. Da quella contro la piaga della pedofilia e della pedopornografia a quelle per difendere la vita e la dignità dei bambini non nati. Da quelle contro ogni forma di mercificazione delle donne a quelle per l’accoglienza nella legalità e nell’umanità degli immigrati. Da quelle per il lavoro “sicuro” (cioè non mortale e non irrimediabilmente precario) sino a quelle, appunto, sul «Delitto mediatico» (2010) e sulla «Tele–Mattanza» (in corso) perché al nostro Paese sia garantito (senza che ci si concentri solo sui giornaloni, sui grandi network e sui soliti noti) un «decente tasso» di pluralismo informativo. In un mondo nel quale alcuni, troppi, di tutto vorrebbero fare mercato (perché nel nome di un astuto, interessato e libertino “antidogmatismo” niente considerano intoccabile), avere “princìpi non negoziabili” aiuta a non perdere di vista nulla e nessuno, e soprattutto a tener caro l’essenziale. Il teologo Piero Coda pochi giorni fa sulle nostre pagine, a proposito del mortale scandalo della fame nel Corno d’Africa e della distrazione dei più (un’altra delle nostre “campagne per”), ha richiamato un ammonimento figlio della saggezza classica: «Sono uomo e niente di ciò che è umano mi è, dunque, estraneo». Paolo VI, nell’Ecclesiam Suam, era l’agosto del 1964, fece lievitare in modo definitivo quella consapevolezza – legandola alla vita, il più grande “bene comune” a tutte le persone credenti e non credenti – in un’affermazione direttamente positiva: «Tutto ciò che è umano ci riguarda». Ecco, sì, caro amico, abbiamo molto – moltissimo – da pensare, da fare e da amare. E ovviamente, qui, anche da scrivere.
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