Troppe ricchezze in mano a pochi e un'idea giusta per dare equilibrio
sabato 9 gennaio 2021

Caro direttore,

giovedì 7 gennaio “Avvenire” ha pubblicato a pagina 3 un articolo sulla “concentrazione” di denaro in mano a pochi, molti spesso “geniali creativi” nel settore dell’informatica. Mi chiedo, da ignorante, se questi personaggi “creano” ricchezza o se sono solo “concentratori” di ricchezza prodotta da altri. Loro si limitano a “succhiare” dagli utilizzatori dei loro prodotti quello che è stato realizzato da altri nel passato. A questo proposito sorge un problema “politico-sociale”. Bisogna porre un limite all’arricchimento dovuto alle idee? Questi personaggi dovrebbero essere obbligati o consigliati a realizzare per l’umanità grandi infrastrutture che sfidano i secoli. Esempio: canali, ferrovie, autostrade e altro ancora?

Francesco Zanatta, Brescia


Credo, caro amico, che la ricchezza di un popolo e dell’intera umanità non sia solo materiale, ma anche spirituale e relazionale. Credo cioè – e penso che lei alla fine non la pensi molto diversamente da me – che manufatti, servizi alle persone e idee contribuiscano in modo diverso ma ugualmente sostanziale a costituire un “tesoro” che da sempre, ma specialmente oggi, in molte società è purtroppo ripartito in modo disuguale e iniquo. È certo interessante ragionare sulla condizione di quelli che più cose possiedono e di più opportunità dispongono, magari per decidere se sono «catalizzatori» o «creatori» di ricchezza, ma forse è più decisivo farlo sul modo per ridistribuire la ricchezza. Ed è suggestivo il suo suggerimento di collegare – diciamo così – la super-ricchezza di pochi alla realizzazione di beni comuni a disposizione di tutti. La dottrina sociale cattolica spinge a ridistribuire non per obbligo fiscale dopo l’accumulo di una ricchezza, ma per convinzione morale e partecipazione civile mentre si costruisce un patrimonio. È un’idea che mi piace molto, che trovo indispensabile e che mi sembra davvero “ricca” di senso e di potenziali frutti. La migliore imprenditoria ne è stata capace nel tempo, e sa esserlo ancora. Le norme che spingono verso una sostenibilità umana, ambientale e storica servono a far camminare in questa direzione.

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