In questa fase pandemica in cui ormai dovremmo conoscere bene tutti qual è la strada per tornare alla normalità succede invece che vi sono Paesi in cui vengono sospese tutte le misure restrittive e altri in cui il numero di casi è persino superiore rispetto alla fase più acuta dell’epidemia. Mai come ora il posto dove si risiede può determinare letteralmente la differenza tra la vita e la morte. Così la Danimarca, avendo introdotto il Green Pass già ad aprile e avendo vaccinato la stragrande maggioranza della popolazione, ha riaperto tutte le sue attività pubbliche e private senza limitazioni di capienza, il Portogallo seguirà tra poco. L’Italia è sulla buona strada.
La nostra campagna vaccinale prosegue con buon ritmo e il Green Pass, che verrà a breve introdotto in tutti i luoghi di lavoro è la migliore garanzia che quando gli spazi al chiuso verranno affollati ciò avvenga in ragionevoli condizioni di sicurezza perché le persone saranno vaccinate, guarite o certamente negative. Quest’ultima condizione, certificata dai tamponi, rappresenta ancora il punto debole del Green Pass, data la non trascurabile percentuale di falsi negativi, ma è una condizione ancora accettabile nel rapporto tra rischi e benefici. La cosa importante è continuare a prendere decisioni basate sull’evidenza scientifica e non abbassare la guardia come hanno fatto altri Paesi, ora alle prese con una temibile quarta ondata.
È il caso del Regno Unito, il cui Governo ha deciso che 35mila casi e 150 morti al giorno fossero un prezzo accettabile per togliere, dal 17 luglio, tutte le restrizioni: senza mascherine e limiti né all’aperto né al chiuso, nei bar e ristoranti come nei cinema e teatri, privi di ogni limitazione di capienza, nei luoghi di lavoro come nelle scuole. E proprio nelle scuole si sta verificando una diffusione senza precedenti che ha portato alla paralisi di molte attività didattiche e alla compromissione della salute di migliaia di studenti, con la necessità di aprire almeno 15 nuove cliniche pediatriche, che nulla hanno potuto fare per almeno dieci bambini che sono purtroppo deceduti.
Ancora peggio va negli Stati Uniti e in Russia. Nei primi la campagna vaccinale ha rallentato moltissimo, con milioni di cittadini suscettibili a una variante virale che sta facendo strage. I morti hanno superato quota 700mila, più di quelli avuti nelle due guerre mondiali e in quelle del Vietnam e della Corea messe insieme, portando il Covid a essere la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e quelle oncologiche. Una strage senza paragoni, neanche con la pandemia di influenza spagnola del 1918. Allora i morti americani furono 675.000 su un totale di 75 milioni.
Oggi gli Stati Uniti pagano al Covid un dazio pari al 15% dei 5 milioni di morti totali, un prezzo inimmaginabile per una superpotenza non solo economica e geopolitica, ma anche scientifica che però dalla scienza non ha saputo trarre ispirazione per le adeguate misure di Sanità Pubblica. Ma la pandemia prosegue ai ritmi brutali della variante Delta (mediamente un soggetto ne infetta 7) anche in Russia dove sono centinaia i morti ogni giorno e in America Latina. La differenza è tutta nella capacità di proteggere la popolazione con i vaccini ed è impressionante constatare che mentre l’Africa e l’Asia sono affamate di vaccini che non riescono a produrre e a distribuire ai propri cittadini vi sono Paesi che i vaccini ce li hanno e li mettono a disposizione gratuitamente di cittadini che li rifiutano e che per questo muoiono.
Oggi abbiamo capito che la vaccinazione è il presidio irrinunciabile per la libertà e per il ritorno alla normalità, ma perché possiamo uscire veramente dalla pandemia, è necessario garantirla a tutta la popolazione mondiale come recentemente hanno concordato i Paesi del G20 sotto la Presidenza italiana. Gli obiettivi sono almeno il 40% della popolazione mondiale prima della fine del 2021 e l’80% entro il 2022. C’è chi avrebbe voluto di più e di meglio, ma nella situazione data, visti e considerati i ritardi accumulati, sono target ambiziosi. Raggiungibili solo se la produzione verrà garantita anche a Paesi come India, Indonesia e Sud Africa che ne hanno già la capacità ma sono frenati dal giogo dei brevetti.
Non c’è alternativa, infatti, alla sospensione temporanea dei brevetti fino a quando sussisterà l’emergenza pandemica e non c’è alternativa al trasferimento tecnologico per produrre almeno 12 miliardi di dosi nei prossimi mesi. Papa Francesco ha più volte sottolineato che da una crisi così grave ed epocale si può uscire in due modi, migliorati o peggiorati, la speranza è che un cambiamento in meglio porti l’umanità a vincere una partita che è ancora tutta da giocare.