mercoledì 24 aprile 2013
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Tre ricorsi in un mese per chiedere alla Consulta di abrogare il divieto di fecondazione eterologa, uno dei cardini della legge sulla procreazione artificiale, sono il segnale di un’accanita ostinazione contro le regole approvate dal Parlamento a larga e trasversale maggioranza e confermate dalla clamorosa débâcle dei referendum abrogativi (uno dei quali riguardava proprio il figlio ottenuto in provetta con gameti estranei ai genitori). La via giudiziaria scelta da chi avversa una legge di elementare civiltà oggetto di una ossessiva campagna a senso unico elude la democrazia, ostenta disinteresse per la famiglia, ignora il fiorente mercato di ovociti e gravidanze in affitto che altrove prospera nel silenzio di certi indignati a singhiozzo. L’assedio alla Corte Costituzionale da tribunali, avvocati, cliniche e associazioni radicali vede ripetersi città nomi e sigle sempre uguali: una pattuglia molto determinata che punta a rovesciare la legge 40 e ristabilire quella "terra di nessuno" faticosamente normata con un provvedimento di sintesi tra culture e ispirazioni mobilitate per evitare che la generazione della vita umana diventasse una sorta di zona franca dove tutto è lecito. Se si vuole tornare al far west, si abbia almeno l’onestà di dirlo.
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