Chi lincia se ne vergognerà
mercoledì 9 agosto 2017

Hanno alzato il tiro. Prima le Ong, al centro da tempo di una campagna di discredito perché "colpevoli" di reato umanitario. Ora il "Giornale" che getta fango in prima pagina addosso a don Mosè Zerai, il prete eritreo che aiuta i profughi africani in difficoltà in mare o prigionieri di trafficanti e sequestratori disumani sulle rotte migratorie. Colpevole anch’egli di reato umanitario perché compare nelle chat degli scafisti (ed è, pensate un po’, «amico di Laura Boldrini»). Si è superato il limite.

Zerai stesso su "Avvenire" sabato 5 agosto ha chiarito ogni cosa e spiegato di non aver mai avuto contatti diretti con "Jugend rettet". Fa quel che ha sempre fatto: aiuta i profughi comunicando dove si trovano alle autorità. È un sacerdote, contestare a lui che denunciò gli orrori del Sinai il diritto di segnalare barconi in pericolo con il loro dolente carico di umanità non ha senso. Come non lo ha imporre alle Ong l’imbarco di agenti armati. Perché preti, organizzazioni e operatori umanitari devono restare neutrali, nella legalità internazionale e al servizio esclusivo dei più deboli. Solo chi è in malafede può accusarli di complicità. Finirà col vergognarsene.

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