Francesco, gli ultimi e perché devono tornare ad essere i primi
mercoledì 30 aprile 2025

Gli ultimi della fila dovrebbero essere in testa all’agenda. È una verità semplice ma tutt’altro che scontata, quella che i giorni della morte di papa Francesco consegnano ai potenti del mondo. Aver concesso l’ultimo omaggio a Bergoglio alle figure a lui più care, i senza niente, è un segno che oggi interpella tutti. L’agenda degli ultimi sta infatti crescendo a dismisura, perché in questi anni si è allargato il popolo dei dimenticati. Di chi stiamo parlando? Di persone che non fanno notizia. Invisibili perché nascosti ai nostri occhi e invisibili perché strutturalmente in secondo piano nella comunicazione.

Forse non ce ne stiamo accorgendo, ma lentamente si stanno spegnendo i riflettori sui più fragili. Se «il mondo sta diventando un inferno», come ha denunciato ieri Amnesty International, è perché nessun diritto è più al sicuro, nell’era degli egoismi globali. Lo vediamo su larga scala, in modo eclatante, e anche nel nostro piccolo. Ci sono minuscole galassie, dentro la nostra società, che lentamente paiono scomparire, costrette dentro un oblio mediatico inspiegabile. Sono i giovani disoccupati e i precari che vivono di lavoro povero, i vinti dei nuovi nazionalismi, gli stranieri che si vedono ridurre opportunità di cittadinanza e i migranti trattati come pacchi postali, le famiglie numerose che non arrivano alla fine del mese, i detenuti ammassati nelle carceri, gli abitanti di tante periferie geografiche ed esistenziali. I braccianti, i rider, le donne di strada. Pochi tra loro hanno fatto errori, eppure colpevolizzarli è diventato facile e redditizio. La stragrande maggioranza sogna soltanto normalità. Per istituzioni e governi invece non sono storie, ma numeri da citare e di solito finiscono in statistiche più o meno benevole e autoassolutorie. Sono parte di quei mondi tenuti ai margini, perché fanno paura.

Eppure la loro vita rappresenta già un grande interrogativo per i governi e le opinioni pubbliche: chi si occuperà di loro? E in che modo? In fondo, almeno in Italia, l’agenda degli ultimi è coincisa e coincide con quella che potremmo chiamare “l’agenda Mattarella”: non c’è discorso del nostro presidente della Repubblica che non abbia dato voce a chi non ha voce. L’ultimo messaggio è arrivato ieri sulle vittime del lavoro, altro grande capitolo colpevolmente trascurato e su cui non bastano provvedimenti spot dell’ultimo minuto per invertire la rotta. « Nessuno deve sentirsi scartato o escluso», ha detto il capo dello Stato, in occasione dell’imminente Festa del Lavoro. “I care”, mi prendo cura, diceva don Lorenzo Milani.

Possiamo ancora credere che queste parole tramandate per generazioni siano patrimonio comune del Paese? Chiudere gli occhi finora non si è mostrato lungimirante, perché a problemi si sommano problemi. Basta pensare all’irrisolto dramma dei suicidi in cella e all’annoso problema del sovraffollamento (uscito dall’agenda proprio nell’anno giubilare) al moltiplicarsi delle fragilità e alla faticosa ricerca di soluzioni che poi non si trovano. Pensiamo sia sufficiente incasellare gli ultimi nelle strutture e nei centri di nuova costruzione e non ci rendiamo conto che invece si sta clamorosamente perdendo di vista l’attenzione alla persona e a chi dovrà farsene carico. Non è solo un problema di polizia, per dire, ma anche di professionalità socioeducative, di educatori, di assistenti sociali, di mediatori culturali, vocazioni e mestieri su cui sarebbe giusto investire. Perché il punto sembra essere proprio questo: escludere dall’orizzonte di un’azione politica determinati soggetti a cosa serve? E ancor di più: quanto funziona realmente continuare a far finta di nulla o, peggio, intervenire riducendo le questioni che riguardano questi temi soltanto in chiave di repressione e di ordine pubblico? In un appello appena presentato da centinaia di giuristi e sottoscritto da diverse personalità del mondo politico e culturale sul controverso decreto sicurezza, si parla di «impostazione autoritaria» e «torsione securitaria», a seguito della compressione dei diritti che si rischia con le nuove misure. È proprio all’altra faccia della luna che bisogna guardare: quella che va aiutata e non subito criminalizzata. Accanirsi sugli ultimi della fila non avrebbe senso.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: