domenica 13 febbraio 2011
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Caro direttore,siamo una famiglia comune, abbiamo quattro figli, e forse questo è già meno comune, e soprattutto, fatto ancora meno comune, nostro figlio maggiore Pietro è affetto da una malattia dagli effetti devastanti, la distrofia muscolare di Duchenne. È una tra le più gravi malattie genetiche neuromuscolari, dovuta a una mutazione genetica che viene trasmessa per via ereditaria o casuale (come è il nostro caso). La convivenza con questa patologia è cominciata in sordina e la nostra vita è proseguita con altalenanti periodi di speranza e di scoramento. Si altera il percorso, perché guidato dalla malattia, e si lavora per costruire giorni significativi e di qualità degna, perché non si vuole cedere alla disperazione e si scommette sulla vita nonostante tutto. Si incontrano persone che aiutano, per mestiere e/o per vocazione, ma si fanno anche incontri che ostacolano e aggiungono fatica e dolore. A noi era già accaduto in passato di dover protestare per vedere riconosciuti i nostri diritti, ma si era trattato di episodi tutto sommato marginali in rapporto a quanto è accaduto adesso. Sempre di burocrazia si tratta, allora come adesso, ma le conseguenze di atti scellerati, che partono dall’alto, possono essere gravissime. Pietro per esercitare il proprio diritto allo studio, garantito dalla legge, ha necessità di un assistente personale che lo segua durante tutte le ore di permanenza a scuola e che lo aiuti a superare i deficit fisici che gli impediscono di corrispondere alle richieste delle attività scolastiche. In relazione alle sue brillanti capacità intellettive, abbiamo accolto la sua decisione di frequentare il liceo classico. Pietro è ora al terzo anno, e i risultati scolastici continuano a essere buoni, nonostante il primo anno abbia subito un pesante intervento alla schiena e lo scorso anno sia stato lungamente ricoverato in ospedale a seguito di una brutta polmonite per la quale ha rischiato di morire. I suoi muscoli non cessano infatti di indebolirsi a causa della malattia, ma la sua mente progredisce e si apre agli orizzonti infiniti suggeriti dallo studio alla sua insaziabile curiosità. Tutto questo gli permette di progettarsi e di vedersi collocato in un possibile futuro, pronto a fare la sua parte. Il costo annuale di un assistente per Pietro ammonterebbe a circa 20.000 euro, qualora si considerasse la felice ipotesi di una presenza costante e regolare a scuola. Di fatto anche quest’anno come già nei due precedenti si sono verificati dei periodi di assenza più o meno prolungati, che hanno ridotto i costi. Ed ecco la doccia fredda che si abbatte su di noi: quest’anno i fondi del diritto allo studio stanziati dal Comune di Milano a copertura dei costi previsti per l’assistente di Pietro sono ridotti a 3.000 euro. La scuola, il Liceo classico Carducci, provvede con altri 2.000 euro recuperati dal proprio bilancio, ma mancano ancora circa 8.000 euro. Il significato concreto di queste semplici operazioni matematiche è la cancellazione della figura dell’assistente a partire dal prossimo mese di marzo e conseguentemente la cancellazione di nostro figlio dalla vita scolastica. Come se non bastasse, l’esperienza di Pietro con l’educatore Mauro, avviatasi al primo anno di superiori, è considerata tra i migliori esempi di integrazione e come "buona prassi" viene citata nei documenti scolastici. È un paradosso che quanto è stato così sapientemente costruito venga buttato all’aria con noncuranza, senza porsi minimamente il problema delle conseguenze. La questione è aperta adesso, nell’immediato, per garantire la copertura finanziaria necessaria affinché l’educatore di Pietro possa rimanere; ma è aperta anche sui futuri anni scolastici che nostro figlio dovrà e potrà frequentare ancora. Stiamo sperimentando che purtroppo il Diritto, di cui tanti si riempiono la bocca, ha solo la consistenza della carta su cui è scritto e si avverte con amarezza che dietro la parola scritta non c’è la difesa della vita reale, finendo per pensare che con queste assurdità il nostro Paese rischia di essere la brutta caricatura di una nazione che vorrebbe definirsi civile e che invece spesso non lo è.

Laura Chiodaroli ed Emilio Pellegrini

 

Pietro ha diritto ai suoi «orizzonti infiniti». E io, cari amici, faccio semplicemente mia la vostra amara conclusione. Ma so che non può e non deve finire così.

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