giovedì 11 aprile 2013
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George Soros, fra i massimi finanzieri internazionali, è tornato prepotentemente alla ribalta. A Francoforte, innanzi a una platea di banchieri ed economisti impietriti, ha in sostanza sostenuto: 1) se la Germania della cancelliera Angela Merkel non intende rinunciare ai suoi calcoli egoistici, è meglio per tutti che esca dell’euro; 2) un’Eurozona senza Berlino sarebbe facilitata nel superare l’attuale crisi attraverso una svalutazione in grado di rilanciare l’economia e l’export; 3) la cartina di tornasole della volontà tedesca sta nell’accettare il principio degli Eurobond. Non titoli del debito pubblico dei singoli Stati (per noi Bot, Btp, Cct), bensì emissioni garantite dall’insieme dei Paesi aderenti all’Euro. Senza distinzioni fra deboli e forti. Gestiti dalla Bce di Francoforte. Tradotto in soldoni, una "tassa unica".Le provocatorie affermazioni di Soros, in apparenza di una logica lineare, da lezione accademica, hanno posto in fibrillazione la business-community. Per l’autorevolezza del magnate accreditatagli dal fatto di gestire immense fortune valutate in triliardi di dollari; per l’arcinota spregiudicatezza mostrata in una carriera costellata da successi di stampo speculativo. Può dunque risultare utile delineare il chi è?, di George Soros. Nato nel 1930 a Budapest, di famiglia israelitica, scampato alle persecuzioni naziste e comuniste, divenne nell’immediato Dopoguerra cittadino americano. Assurgendo a mito nella gestione di Fondi d’Investimento, soprattutto per l’abilità di "cinico speculatore". Definizione coniata dall’Economist allorché mise in ginocchio Banca d’Inghilterra e sterlina, scontrandosi con Margaret Thatcher. Per quel che ci tocca da vicino, fu Soros il regista dell’attacco alla lira negli anni Novanta, costringendoci ad uscire dal sistema monetario europeo dell’epoca. Altro capitolo delle sue avventure, le manovre in Asia. Significativo: ogni volta, realizzò stratosferici bottini.Esistono dunque più che validi precedenti per trattare il finanziere con le pinze, nonostante il risvolto del "sorridente benefattore": gli aiuti ai dissidenti ungheresi e dai sindacati polacchi, le innumerevoli iniziative benefiche all’insegna di una «società aperta» teorizzata dall’amico Karl Popper. Quale sia la sua più autentica natura, resta pertanto un insondabile enigma. Con una quasi-certezza: George Soros eccelle nell’arte del destabilizzare. Comprensibile: con il suo fiuto di incallito speculatore sa cogliere i frutti assai meglio di altri. Giocando di volta in volta pro o contro, al rialzo o al ribasso. Poi passando all’incasso.Sorge di conseguenza il sospetto, non illegittimo, che in questo momento il controverso signore della finanza accarezzi il proposito di concludere la spettacolare carriera puntando sulla disgregazione dell’euro. Facendo leva sulle difficoltà della Grecia, poi di Cipro, ora della Slovenia. Con un retro pensiero a Italia e Spagna, naviganti in acque agitate. Ecco perché a sentirlo dire «se la Germania dovesse abbandonare, l’euro si deprezzerebbe. I Paesi debitori riguadagnerebbero competitività, il debito diverrebbe improvvisamente sostenibile», tremano le vene dei polsi. Sulle alchimie dei finanzieri alla Soros s’ha da fare la tara. Ragionano sempre con il portafoglio (e la pelle) altrui. È davvero genuino e disinteressato a pochi mesi dalle elezioni tedesche l’appello a una solidarietà attraverso l’emissione di Eurobond? Avendo bene in mente il curriculum di Soros non è pensar male avanzare interrogativi. In primis: perché lasciar balenare (quasi invocare) un euro a due velocità, che inevitabilmente potenzierebbe il tasso di egoismo, già piuttosto alto, scatenando ulteriori rivalità e revanscismi? C’è quindi da temere abbia parlato per calcolo.L’euro ha sicuramente tare e difetti, vizi e limiti, ma è rimasto il solo elemento di coesione del cuore del Vecchio Continente, mentre il dollaro ha ripreso autorevolezza in un confronto sempre più serrato con lo Yuan cinese. Spezzando l’euro, come Soros presagisce dicendo (sarà vero?) di non auspicare, l’Europa perderebbe ulteriormente quota sui mercati e voce in capitolo nello scacchiere internazionale. Gli stessi tedeschi sembrano averlo compreso, dando retta agli ultimi sondaggi, decisamente filo-europeisti. Se l’euro supererà la bufera e l’Europa riformerà presto e in modo ragionevole il Fiscal Compact, George Soros dovrà convincersi: esistono ancora delle idee, anche una politica europea capace di volare alto, e di considerare le giuste dosi di responsabilità e solidarietà, a dispetto degli avvoltoi della finanza. Ce lo auguriamo.
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