giovedì 11 luglio 2013
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Caro direttore,
ho letto con grande interesse l’intervista al viceministro Casero pubblicata su Avvenire di venerdì 5 luglio (a pagina 6), dal titolo «Pronti a tagliare le tasse nella busta paga. Dovere etico intervenire sulle pensioni d’oro». E vorrei dire al viceministro non si può non essere d’accordo con lui nel chiedere un contributo di solidarietà ai pensionati percettori di cifre decisamente esagerate come alcune di quelle che si leggono sui giornali. Ma c’è un’incertezza di fondo che rende difficile, per gli interessati, ingoiare il boccone. Quando, secondo lo Stato, una pensione diventa "d’oro"? Le faccio il mio caso personale. La mia pensione (ottenuta a 63 anni, dopo 42 anni di lavoro) è di poco più di 2.600 euro netti al mese. È una pensione che sia Prodi, sia Monti hanno già definito "d’oro", bloccando così per ben due volte anche quel misero adeguamento al costo della vita che le vigenti norme sulle pensioni prevedono. Tant’è che la capacità d’acquisto della mia famiglia è diminuita, negli ultimi 8 anni, di ben oltre il 25%. La mia pensione è l’unico reddito, poiché mia moglie, dovendo far crescere cinque figli, ha dovuto abbandonare il lavoro prima di aver maturato alcun diritto pensionistico e c’è ancora un figlio che frequenta l’università fuori sede, nonché il mutuo della casa di abitazione da pagare. Anche per tali ragioni, ogni anno devo inevitabilmente attingere ai risparmi che ancora mi restano. E, le assicuro, le rinunce sono tante e ricorrenti. Torno quindi alla domanda: la mia, nell’Italia di oggi, è una "pensione d’oro"?
 
Ci sono, poi, considerazioni importanti sull’ingiustizia del provvedimento che verrebbe a discriminare la mia famiglia rispetto ad altre. Ad esempio, una famiglia bireddito (1.300 euro del marito e 1.300 euro della moglie) non sarebbe tassata. Si parla, poi, solo di pensioni Inps che, in Italia, sono solo una parte di tutte le posizioni previdenziali. Quindi, mentre io sarei chiamato a contribuire al risanamento dello Stato, pensionati di altri istituti (fra i quali gli ex parlamentari che percepiscono ingiustificati vitalizi), no. Ancora, abbiamo già visto che le retribuzioni e le pensioni degli alti dirigenti dello Stato non potranno essere toccati perché il provvedimento che lo prevedeva è stato (per loro) considerato incostituzionale. Infine, mi fa specie che lo stesso Governo che dice di voler abbassare la pressione fiscale (perché troppo alta), ricorra a questi "prelievi" sulle pensioni, che sono vere e proprie forme di fiscalità surrettizia. Non voglio, con questo, sottrarmi al mio dovere di cittadino solidale. Semplicemente non accetto le ingiustizie. Meglio, piuttosto, intervenire sulle aliquote o sugli scaglioni dell’Irpef. Così tutti saremmo chiamati a contribuire secondo le regole equitative dell’imposizione fiscale che mettono ogni cittadino sullo stesso piano. Quanto invece alle vere "pensioni d’oro", se necessario si approvi subito una legge che ne impedisca la formazione futura. Per tutti, ovviamente, sia nello Stato (parlamentari, magistrati, ecc.), sia nel privato. Questo sì è un "dovere etico"! Mettiamo ordine e diamo omogeneità almeno al sistema pensionistico nazionale; il quale, più che di impoverimenti indiscriminati, ha oggi un profondo bisogno di equità e di certezze.
C.R., friulano
L’esperienza e gli argomenti di questa lettera sono assolutamente interessanti e utili. E hanno il pregio, caro amico (rispetto, per ovvi motivi, la sua richiesta di anonimato), di strappare un dibattito importantissimo e una delicata progettazione normativa come quelli sulle questioni di equità fiscale e previdenziale dall’astrattezza delle "categorie" (sempre inadeguate, spesso di comodo, a volte decisamente forzose) e di consegnarla alla realtà di vita degli italiani. Si fa presto a dire "pensioni d’oro", ma ci vuole un’eternità (e non basta ancora) per rendersi conto di una verità elementare e cioè che il suo reddito andrebbe diviso almeno per due, anzi per tre (visto e considerato che oltre a sua moglie a "godere" dei 2.600 euro mensili da "ricco" pensionato c’è ancora pure un figlio universitario…). Credo che il viceministro Casero leggerà queste sue parole con la mia stessa attenzione. E mi auguro che sia in grado di contribuire a una risposta adeguata e, soprattutto, fattiva.
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