martedì 7 dicembre 2010
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Direttore esimio e… coraggioso (meno male), sulla vicenda Fazio-Saviano, grazie a Dio, tanto si è già detto e scritto. Non per questo dobbiamo smettere. Se alcuni "signori" che gestiscono programmi televisivi non vogliono ascoltare, è peggio per loro. A noi non è lecito tacere. Domenica scorsa la Liturgia ci ricordava a proposito del Battista: «Voce di uno che grida nel deserto…», e il suo grido non scherzava: «Razza di vipere…». Anche oggi c’è tanto deserto, soprattutto deserto nei cuori, pieni di sabbia. Ma noi gridiamo. Pure la vicenda del regista Monicelli, con la sua morte violenta di suicidio, ha visto persone autorevoli insinuare, subdolamente, un’esaltazione e stima per quell’atto. Ora, è chiaro che si deve avere per l’uomo Monicelli lo sguardo misericordioso che Dio ha su ciascuno di noi, a partire da me. Ma se poi qualcuno definisce il suicidio «manifestazione di forte personalità», «estremo scatto di volontà», «l’ultimo colpo di teatro», «non ha voluto lasciarsi morire», «gesto eroico…», allora noi non possiamo tacere per evitare di giudicare l’atto pur rispettando l’uomo. Il gesto eroico è quello di mia madre e di tante persone che con coraggio e dignità hanno affrontato una grave malattia. Altrimenti… un giorno Englaro, un altro Monicelli, un altro la Nannini… e tutto diventa uguale a niente. Anzi, come ti permetti di contestare? A onor del vero non capisco neppure tanti cristiani che sostengono, scrivendo o parlando, che bisogna abbassare i toni, che non bisogna fare clamore, che la fede è una testimonianza silenziosa… ma dai! Dobbiamo amare l’uomo e fino in fondo, nella sua verità ultima. È quello che fa il Papa, con instancabile tenacia: «Guai a me se non evangelizzassi!». La storia del cristianesimo è ricca di testimoni e di santi. Certo parlava la loro vita, ma quanto usavano anche la parola. E, se non li lasciavano parlare, parlavano lo stesso e anche forte. Direttore, non smettiamo! (Se no cambio quotidiano… scherzo, dove lo trovo un altro così?).

don Eligio Ciapparella, Monza

Lo ammetto,caro don Eligio, la sua lettera pacificamente esplosiva è riuscita a farmi arrossire.Ma soprattutto mi ha fatto pensare e poi – me ne sono reso conto pian piano – mi ha messo allegria. Grazie di cuore. Ha proprio ragione: «Tutto non è uguale a niente». E questo è un tempo buono per dirlo. Come si può, dove si può, e certamente su Avvenire. Con la libertà, la carità e la speranza di chi ascolta e parla a tutti e non si fa tentare dalle sirene della distrazione e dell’accomodamento né spaventare da irose maldicenze e da melliflui agguati.
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