Def (in parte) realista e lotta all'evasione
giovedì 11 aprile 2019

Il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri presenta elementi di realismo e definisce il campo da gioco dello scontro politico su cui in autunno si dovrà poi costruire la vera e propria Manovra per il 2020.

Il governo ammette il modesto contributo alla crescita (e anche all’occupazione) del Reddito di cittadinanza, di quota 100 e del Decreto crescita. E riconosce che la crescita nel 2019 sarà di poco superiore allo zero (0,2%), il rapporto debito/Pil salirà ancora (dal 132,2 al 132,6 percento) e prevede di contenere l’aumento del rapporto deficit/Pil al 2,4% (il livello su cui con la Ue si è scatenato il conflitto che ha poi portato alla definizione dell’obiettivo del 2,04%). Si tratta, comunque, di una previsione "ardita" perché stabilisce 16 miliardi di privatizzazioni che includono i 9 miliardi di cessione delle quote di società pubbliche (Enav, Poste, Eni, STMicroelectronics), ancora in mano allo Stato, alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) con un’acrobazia che consentirebbe di fare cassa mantenendo il controllo strategico e sperando che l’Eurostat sia clemente e non consideri il debito di Cdp debito pubblico.

Nelle pieghe del realismo sul Def si nasconde un’aspra battaglia politica perché il dato programmatico di un aumento di deficit/Pil e debito/Pil tutto sommato contenuti include lo scatto delle clausole Iva e, dunque, un aumento delle imposte sui consumi di ben 23 miliardi. E perché nel documento non si parla (né si calcolano) gli eventuali impatti dell’introduzione della flat tax al 15% voluta dalla Lega, che aggiungerebbe alla "lista delle spese" tra i 12 e i 17 miliardi.

Cosa accadrà ai conti e dove si cercheranno le risorse quando i partiti di governo chiederanno di non aumentare l’Iva e di introdurre la flat tax (nella versione con aliquota unica della Lega o in quella a due aliquote del M5s)? Si tornerà allo scontro coi mercati (cioè coi risparmiatori e gli investitori grandi e piccoli) con il rischio di perdere la fiducia di chi finanzia il nostro debito e di vedere nuovamente in salita lo spread e la spesa per interessi? Una via d’uscita da praticare con più decisione dovrebbe essere quella del "pagare meno pagare tutti".

Ridurre significativamente l’evasione (stimata dal governo a 107,6 miliardi nel 2016) è possibile con la riduzione dei limiti legali sotto i quali è possibile il pagamento in contante e con l’estensione della fatturazione elettronica. Per fare un esempio concreto, 'modernità' significa poter pagare il taxi con un app. Quando lo facciamo la moneta è elettronica e l’evasione è impossibile. Per quale motivo in un futuro prossimo non dovrebbe accadere qualcosa del genere in ogni settore della vita economica? Torniamo a suggerire una scelta strategica già proposta da 'Avvenire': il governo faccia un patto onesto con gli elettori, proponendo di indirizzare tutti i proventi derivanti dalla lotta all’evasione alla riduzione dell’imposizione fiscale.

Con le cifre riportate sopra, se l’evasione fosse azzerata sarebbe possibile spendere tre volte quando necessario per sterilizzare le clausole Iva e introdurre la flat tax. Creando benefici per tutti e aumentando l’equità fiscale del sistema dove la differenza tra chi le tasse le paga per forza e chi le evade è pesante ed eticamente inaccettabile. Una delle chiavi indicate dal governo giallo-verde per trovare risorse utili per implementare la flat tax è l’eliminazione di detrazioni e deduzioni. Decisivo da questo punto di vista sarebbe tenere finalmente conto del valore sociale, civile ed economico della famiglia, luogo dove si costruiscono quelle virtù relazionali e sociali (fiducia, reciprocità, resilienza, capacità di lavoro di squadra) indispensabili per una vita ricca di senso, ma anche per una generatività economica.

È arrivato una volta per tutte il momento di capire che il sistema fiscale deve tener conto dei nuclei familiari, in particolare di quelli con figli, evitando di creare incentivi perversi a separazioni di comodo (così sarebbe anche in caso di flat tax sotto i 50.000 euro per due coniugi che lavorano e superano la soglia con la somma dei loro redditi). Una maggiore attenzione al quoziente familiare, mortificato anche dalle regole del Reddito di cittadinanza che sottostimano la soglia di povertà per i nuclei familiari, dovrebbe essere accompagnata da una rimodulazione di detrazioni e deduzioni che porti all’assegno universale per il figlio, strumento importante di risposta alla crisi demografica del nostro Paese. In quest’ultima direzione ci sono segnali di una possibile convergenza tra M5s, Lega e Pd. Non si perda l’occasione per una svolta necessaria e finalmente condivisa. Anche questo sarebbe un modo per fare patti chiari (e saldi) coi cittadini.

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