martedì 7 giugno 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Gentile direttore, premesso che non sono credente, pur tuttavia leggo Avvenire. Quando l’allora monsignor Ravasi interruppe il suo corsivo quotidiano, mi spiacque davvero; avrei voluto fare come le marmotte che al sopraggiungere dell’inverno si addormentano. Ora da quasi sei mesi è tornata la "primavera" e abbiamo ritrovato quell’autore diventato "eminenza": mi rallegro, mi rallegro proprio, ma mi chiedo se il cardinale non sia una voce che grida nel deserto.Dove il deserto sono forse i 42.001 predicatori italiani che nemmeno provano a leggerlo per farne tesoro e dire qualcosa che associ amore e indignazione nelle loro omelie prive di qualsiasi nerbo. Le si chiami 'prediche', che è meglio. Poiché lo Spirito soffia dove vuole, è toccata a me la ventura di dire a voi credenti professanti questa immensa sciocchezza, sì chiamatela pure sciocchezza.

Carlino Roldo, Rosta (To)

Lei, gentile signor Roldo, è un non-credente davvero speciale: non si limita ad ammirare il cardinal Ravasi, ma frequenta la Chiesa, valuta (criticamente) le omelie e "bacchetta" chi le fa, data le proprie lettere col santo del giorno, legge comunque Avvenire.Mi chiedo solo dove abbia preso quel numero così preciso: «i 42.001 predicatori italiani»... Sono un po’ di più, e comunque non sono tutti uguali. Noto che la sua stoccata principale richiama, in qualche modo, l’incitamento che in diverse occasioni il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, ha rivolto ai celebranti a far sì che l’omelia non diventi una «poltiglia insulsa» o una «pietanza immangiabile» e, comunque, «poco nutriente». Ovviamente, il tono del vescovo era ben altro, ma lo ammetto: mi piace il suo desiderio di dichiarato non­credente di "incontrare" voci all’altezza della Parola che annunciano. Un’ultima cosa: sciocco significa insipido, direi che l’aggettivo non le si addice proprio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI