martedì 27 settembre 2011
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Caro direttore,
ci siamo già incontrati a Milano durante la presentazione del libro "Il sorriso di Moira". Non è di questo che intendo parlarle ma lo spunto di tutto quello che dirò mi viene proprio da quella situazione, nella quale ho tastato con mano e respirato a pieni polmoni i sentimenti migliori di umanità, amore, carità, fede. Tantissima fede in tutti e sopra tutto. La mia vita ha avuto uno scossone qualche mese addietro, quando mi sono ritrovato senza lavoro a 54 anni. La multinazionale di cui con orgoglio facevo parte ha deciso di chiudere il nostro sito produttivo e così di punto in bianco, senza motivi validi (c’era il lavoro, non c’erano problemi economici, tutti i bilanci erano in attivo) ha messo in crisi 25 famiglie.
Guardando al problema in modo positivo si potrebbe anche pensare a una occasione per voltare pagina, ma non è così. È qui che subentrano i veri problemi. Nessuno ha bisogno della tua figura, le agenzie di lavoro ti fanno mille domande, ti fanno compilare moduli, ti fanno credere che sei importante, e poi alla fine non si fanno più sentire. Parliamo poi degli ammortizzatori sociali, sì, ho la fortuna di avere la mobilità, però mi creda: te la fanno pesare moralmente. Centro per l’impiego, sindacati, Inps, ti rimbalzano da una parte all’altra, ti considerano quasi un peso per la società, ti trattano come un fannullone, ti propongono di fare l’aiuto stradino con la pretesa che tu non ti possa rifiutare previa l’immediata sospensione della mobilità. Hanno una arroganza (uffici Inps) destabilizzante: non ho chiesto io di essere messo in mobilità, non ho chiesto io di perdere il lavoro (lavoro da 37 anni ininterrottamente) e mi si impone di fare lavori socialmente utili. Potrò scegliere io di impegnare il mio tempo come voglio, siamo in un Paese libero?
Sono già impegnato nel volontariato e questa potrebbe essere l’occasione per incrementarlo. Mi scusi se do libertà al mio sfogo ma sono molto triste e, mi creda, comincio a comprendere quelle persone che arrivano a fare gesti estremi; veramente la fede qui gioca un ruolo importante per non farti cadere nel baratro.
Mi domando e le domando come è possibile che davanti ad aziende sane (come lo era la mia) nessuna muova un dito per impedirne la chiusura, la mia accusa più grave è rivolta alla Confindustria e ai sindacati e... lo Stato cosa fa? Si inventa manovre stupide che non servono a niente, perdendo di vista l’importanza di ridare dignità alle persone al lavoro, di riappropriarsi della bellezza del vivere in comunione con gli altri, offrendo a tutti una possibilità di riscatto.
Mi creda, direttore, io mi sono sempre dato da fare, ma in questo momento sono in crisi, non ho più voglia di niente. Forse sono esaurito, ma il mio più grande rammarico è che tutto questo si ripercuote inevitabilmente sulla famiglia, su coloro che mi sono vicini. Vedo buio davanti a me, c’è solo una piccola luce, è la mia fede in Dio per un mondo migliore.
Paolo Morello, Monguzzo (Co)
 
La sua domanda, la sua amarezza, la sua speranza cristiana e la sua civilissima fatica per non cedere alla rassegnazione non possono lasciare indifferenti, caro signor Paolo. Io so bene, ovviamente, di non avere risposte per tutto e tutti, ma davanti alla sua lettera mi sono sentito – più di altre volte – terribilmente inadeguato. Per questo la pubblico integralmente, perché altri – con ben più poteri del mio – si sentano a loro volta “inadeguati” e persino “costretti” a far leggi e a darsi nella loro azione politica e amministrativa priorità degne di questo nome e di ciò che merita la gente vera del nostro Paese.
Marco Tarquinio
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