giovedì 13 agosto 2009
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Due milioni e mezzo di famiglie italiane, dice il Censis, fondano la loro vita quotidiana sul lavoro di una badante. Che nel 70% dei casi è straniera. La domanda di aiuto domestico e per gli anziani cresce vertiginosamente. Però due su tre di queste donne sono costantemente alle prese con i permessi di soggiorno; oppure sono irregolari. La maggior parte di loro si occupa di tutta la gestione della casa. E fa anche compagnia; e spesso da infermiera.Ma chi è questa figura che, unica nel mondo del lavoro, aumenta la sua presenza del 37 % in pochi anni? Si potrebbe dire che importiamo le casalinghe di una volta. Quelle che pulivano, cucinavano, accudivano i nonni; e all’occorrenza sapevan fare una iniezione. La donna "oblativa", ripudiata dal femminismo, evitata come la peste dalle ragazze, siamo costretti a farla venire ora dall’Est, dal Sudamerica, da dove voglia: purchè venga. E badi a un vecchio, e curi la casa, ancella eppure "domina" insostituibile.Irregolari, affannate nelle code davanti alle Questure, e però preziosissime. Colonna nascosta. Di una Repubblica fondata anche sul loro lavoro, invisibile.Menomale che ci sono le filippine, si dicono le madri di famiglia costrette agli straordinari in ufficio. Già, una benedizione per le famiglie italiane questa manodopera umile, elastica, disposta a tutto - a tutto ciò che noi non vogliamo più fare. Intanto in Ucraina e in Moldavia crescono generazioni di "orfani" lasciati soli dalla madre emigrata. E mentre le donne se ne vanno dai paesi poveri, si assiste a una moltiplicazione delle dissoluzioni familiari. Non c’è più lei, a tenere insieme tutti. Le colonne, se ne sono andate. Tutto questo - la nostra crescente dipendenza, l’abbandono generato dall’emigrazione femminile nei paesi poveri - deve volere dire qualcosa. Nemmeno la modernità può fare a meno di quel compito non specialistico, non "qualificato", ma essenziale, che è il prendersi cura. L’avvento del lavoro femminile ha reso più drammatica una evidenza: quanto era, ciò che le donne facevano silenziosamente. Quanto ogni casa si reggeva su questo tacito fare, e dare.Non stiamo certo dicendo che le donne devono tornare a casa. Né che l’accudire sia un loro esclusivo appannaggio. Però, questo "import" semisommerso di mani capaci deve indurre a pensare. Non hanno fatto master le badanti, non sanno spesso neanche l’inglese, conoscono poco l’italiano. Ma quanto ne abbiamo bisogno: ogni mattina. Chi veste il vecchio di casa, chi lo lava, chi gli sta accanto perché l’unica voce che sente non sia quella della televisione?La riscoperta, dopo tutte le possibili rivoluzioni, del radicale bisogno di qualcuno che, semplicemente, stia accanto. Ci sia. Che almeno queste mani portate via alle loro famiglie non debbano lottare per la legalità. Che possano pensare, se vogliono, di restare qui, di portare qui i loro figli. Finchè sono così povere da dover crescere i figli degli altri per dare da mangiare ai propri.Congiuntura, questa, fra l’evoluzione della famiglia occidentale e il bisogno del Terzo mondo, che ci ha risparmiato di scoprire troppo brutalmente cos’è, vivere in una casa dove ciascuno ha da fare, e non  ha tempo per gli altri. "Fortunata" coincidenza per noi, quasi una educata rapina di mani altrui. Il giorno che l’Est, il giorno che il Sudamerica si tenesse le sue donne, milioni di famiglie in Italia e in Europa si chiederebbero: e adesso? Adesso, in casa non c’è più nessuno. I vecchi, soli. L’avvento forse di ospizi di massa?Come la sconcertante scoperta che, della casa, un mattone fondante è venuto meno. Non c’è più chi si prenda cura. Che, nei millenni, è ciò che ha tenuto insieme l’umano consorzio. Ciò che una volta facevano le donne. E ora non più, o non solo, ed è giusto. E però, di quel lavoro quale bisogno abbiamo. Ogni mattina. Quasi come del pane.
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