La ricetta di Bill Gates contro la crisi climatica
martedì 16 febbraio 2021

Quando si prende in mano un libro come Clima di Bill Gates si è tentati di dubitare. Che uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo sprechi il suo tempo a scriverlo. O che l’impegno sociale della Gates Foundation sia uno specchietto per le allodole, che serva ad indorare la pillola del profitto e a moltiplicare il fatturato della galassia Microsoft. Che storie e personaggi siano solo novelle e comparse, messe a paravento di un disegno politico invisibile e magari inguardabile. Qualche concessione al marketing è inevitabile, è chiaro, quando ci si chiama Bill Gates. Ad esempio, la foto di Ovulube Chinachi, «di nove anni, che vive a Lagos, in Nigeria, e fa i compiti al lume di candela», con cui si apre l’introduzione del volume è bellissima: talmente bella che il bambino sembra uscito da Eton, la candela da Harrod’s e il tavolo da un antiquario di via dei Coronari.

Ma è solo il primo impatto con Clima, come evitare un disastro (in uscita oggi: edizioni La Nave di Teseo, 400 pagine, 22 euro), un’opera che punta esplicitamente a far ripartire il dibattito sul cambiamento climatico dopo l’emergenza coronavirus, ad affrontare la quale, peraltro, la fondazione Bill e Melinda Gates ha dato un contributo importante. Il libro si apre ricordando che l’obiettivo è passare da 51 milioni di tonnellate di gas serra emesse nell’atmosfera ogni anno alla famosa quota zero. «Gli argomenti che dimostrano la necessità di arrivare a zero emissioni – scrive l’autore – sono inoppugnabili. A meno di cessare di immettere gas serra nell’atmosfera, la temperatura continuerà a salire. Ecco un’analogia che trovo particolarmente efficace: il clima è come una vasca da bagno che si sta lentamente riempiendo d’acqua. Anche se rallentiamo il flusso d’acqua fino a farlo diventare uno sgocciolio, la vasca finirà per riempirsi e l’acqua si riverserà sul pavimento. Questo è il disastro che dobbiamo evitare. Porsi il fine di limitare semplicemente le emissioni, senza eliminarle del tutto, non basterà. L’unico traguardo ragionevole sono le emissioni zero». In realtà, secondo Gates, bisogna investire di più nell’eolico e nel solare e «rendere disponibili tecnologie rivoluzionarie in grado di fare il resto».

A questo punto, però, un abitante del pianeta Terra del 2021 si chiederà perché spendere tanti soldi per la sopravvivenza dei ghiacciai se il nostro problema è il Covid 19. Fin troppo evidente che, dallo scoppio delle pandemia, le gesta mediatiche di Greta Thunberg siano diventate solo un brusio e che la domanda popolare oggi sia piuttosto quella di investire tutto il possibile per salvare la pelle e magari il posto di lavoro. Lo stesso Green New Deal non è più la priorità dei cittadini europei e il tentativo della virtuosissima Europa di legare l’erogazione del Recovery fund al rispetto del Deal è sempre più percepito come un lacciuolo anche dai governanti europei, con buona pace del neonato ministero per la Transizione ecologica.

Un libro come questo, insomma, rimette in agenda ciò che oggi ci importa un po’ di meno, ma che potrebbe importarci molto un minuto dopo la guarigione dell’ultimo paziente Covid. Come si sa, la pandemia ha abbassato il livello di emissioni, ma di poco (5%) e al prezzo di un milione di vite e decine di milioni di posti di lavoro: «Questa lieve diminuzione delle emissioni è la prova che non possiamo arrivare alla neutralità climatica» commenta l’autore, che ha raccolto nel volume una serie di passi da compiere. Il primo è l’obiettivo finale: emissioni zero. A tal proposito, Gates, che non si fa soverchie illusioni sull’abbandono delle fonti fossili e neanche sul consenso popolare a questa battaglia, ammette che la soluzione passa anche attraverso misure di adattamento e mitigazione, ma avverte che «a un certo punto non dovremo soltanto smettere di aggiungere gas serra, ma cominciare a eliminare alcuni di quelli che abbiamo già emesso. Capita di sentirla definire come la fase delle 'emissioni negative'. Questo significa semplicemente che a un certo punto dovremo rimuovere dall’atmosfera più gas serra di quanti ne immettiamo, in modo da limitare l’aumento della temperatura».

Bill Gates completa l’analisi con un prontuario degli argomenti da portare a una discussione sul clima, per favorire la maturazione dell’opinione pubblica, nella consapevolezza che, continuando a utilizzare gli attuali modelli di produzione, consumo e trasporto, «azzerare le emissioni sarà molto difficile» ma anche che «la tecnologia attuale può essere d’aiuto», anche se «abbiamo bisogno di innovazioni rivoluzionarie». Il nodo tecnologico è di primaria importanza nella riflessione, per quanto Gates assegni alle politiche governative un’importanza non inferiore. Criticando i bassi investimenti nella ricerca, invoca «politiche di finanziamenti statali per colmare questo scarto» piuttosto che misure come la carbon tax volte a disincentivare le tecnologie 'sporche'. Il libro contiene delle istruzioni operative per i governi, come «quintuplicare la ricerca e lo sviluppo nel campo dell’energia pulita e del clima nel corso del prossimo decennio», lavorare sugli standard dell’energia pulita e «dare un prezzo all’anidride carbonica», perché, «che si tratti di una carbon tax o di un sistema di permessi di emissione negoziabili in base a cui le aziende possono comprare e vendere il diritto a emettere CO2, dare un prezzo alle emissioni è una delle cose più importanti...». Gates indica infine una serie di azioni che spetta ai cittadini compiere, per orientare il mercato e quindi le scelte collettive.

L’opera si conclude tratteggiando una lezione che la gestione della pandemia può dare alla sfida climatica. «Abbiamo bisogno della cooperazione internazionale» perché «quando i governi, i ricercatori e le aziende farmaceutiche hanno unito i loro sforzi per la lotta al Covid-19, il mondo ha compiuto notevoli progressi»; se poi «i paesi ricchi si preoccupano soltanto di ridurre le proprie emissioni e non si dedicano al compito di rendere le tecnologie verdi alla portata di tutti, non arriveremo mai alla neutralità climatica. In questo senso, aiutare gli altri non è semplicemente un gesto altruistico, ma è anche nel nostro interesse». Non bisogna tralasciare di «consentire alla scienza (anzi, a molte scienze diverse) di guidare i nostri sforzi» e rendersi conto che, prioritariamente, «le nostre soluzioni devono andare incontro alle esigenze delle persone più colpite».

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