Imparare le poesie a memoria a scuola può fare bene. Imparare le poesie a memoria a scuola può fare male. Le arti – e la poesia tra loro – presentano un grande problema ai pedagoghi (e ai demagoghi). Non hanno il “metodo giusto”. Perché l’arte e la sua comunicazione, e anche la sua accoglienza, sono fondate sulla libertà. Si può imparare per forza una formula matematica, ma non si può amare per forza Leopardi. Se ne possono imparare le date di morte o i titoli, ma non sperimentare la poesia, cioè la cosa importante. Amare le persone, sperimentare l’arte e credere in Dio non sono attività imponibili per legge o con il registro in mano.
Ogni metodo dunque deve poter comprendere il proprio fallimento. Qui sta il problema che nasce ogni volta che si parla di educazione e che riguarda la conoscenza simbolica e spirituale del mondo. Innanzitutto occorrerebbe intendersi sul perché vale la pena avvicinare i giovani alla poesia e alle altre arti. Per completare il bagaglio enciclopedico che già non funziona? Per fare della “psicologia” attraverso le arti? Per orgoglio della forte identità artistica nazionale? Motivi parziali e alla lunga inefficaci. La verità è che l’arte è una forma di conoscenza della vita, e i suoi autori aumentano la mia esistenza. Ed è quanto e forse più necessaria della conoscenza di tipo analitico e scientifico. Non si tratta di affiancare alla conoscenza ritenuta vera, ovvero quella scientifica, delle attività psico-estetiche o delle pause di tipo sentimentale. No, l’arte è attività primaria di conoscenza del mondo e di sé stessi. Conoscenza, non attività accessoria.
Senza questa comprensione della importanza delle arti a livello antropologico qualsiasi riflessione metodologica o qualsiasi contentino dato alla musica (arte vicina alla matematica) o alla poesia (arte che illumina la natura e la natura umana più di un microscopio) è inutile e dannoso. Ma, appunto, considerare l’arte conoscenza della vita è “pericoloso”, per questo sono sempre state avversate nell’impianto scolastico di natura laico-statalista e storicista. Le arti tirano fuori cose scomode: il rapporto con la mortalità, l’amore come energia che muove il sole e le stelle, “addirittura” il problema di Dio e del senso della vita umana. L’arte è un fenomeno che attesta la natura religiosa dell’intero fenomeno umano. Per questo è “scomodo” in questa epoca che da secoli cerca di abradere il problema religioso dalla conoscenza.
Dunque certo, imparare a memoria può esser utile se l’insegnante sa trasmettere il valore e la bellezza di tale azione di conoscenza, senza banalizzarla. Se no, al contrario, è dannosissimo. Mnemosine, la memoria, è la prima delle muse, credo perché negli esseri umani la memoria (a differenza della macchina) non raccoglie dati ma seleziona significati sulla base di criteri che una macchina non avrà mai. Mi ricordo per amore di un certo profumo che una donna aveva a Parigi, mi ricordo di un incontro avuto ieri per un dolore, e il mio corpo (cosa che la macchina non ha) lavora con la memoria, e nella memoria avviene anche l’immaginazione degli artisti che traggono da lì misteriosi stimoli, ombre, fantasmi. Una macchina per quanto addestrata (da noi secondo criteri nostri, non suoi) o colma di dati non imparerà mai le parole giuste per stare al mondo, pari alla vita. Non imponete la poesia a scuola, donatela, inaspettatamente. Persuadete i ragazzi, prof.