sabato 7 luglio 2018
Il tema migranti è sempre più caldo, mentre cresce il numero dei poveri tedeschi
Un rifugio per senza tetto a Berlino (Ansa)

Un rifugio per senza tetto a Berlino (Ansa)

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La crisi di governo sembra scongiurata, ma la tensione politica e sociale resta alta. Dopo le ennesime trattative, l’Unione democristiana Cdu/Csu ed i socialdemocratici della Spd hanno trovato un’intesa sui rifugiati. «Non ci sarà alcuna fuga in avanti nazionale da parte della Germania – ha sottolineato la presidente della Spd, Andrea Nahles – non ci saranno respingimenti alla frontiere e non ci saranno campi: ci sarà l’accelerazione dei procedimenti di asilo, secondo le regole vigenti». Le 'zone di transito a tempo illimitato' per migranti chieste dal leader della Csu, Seehofer, sono scomparse. Già Merkel aveva ridotto l’intesa con i 'cugini' a «centri dove i migranti sarebbero stati trattenuti per l’identificazione al massimo 48 ore». Ora la Spd ha cancellato l’idea stessa di 'lager', un termine che in Germania è meglio evitare. «Nessun campo di massa, niente fili spinati – ha ammesso lo stesso Seehofer –. Pensiamo a centri di trasferimento che si troveranno nelle stazioni di polizia già esistenti. I migranti che ci arriveranno, potranno muoversi in libertà. Ma molti non potranno entrare in Germania». Secondo i media, l’accordo è un successo per Merkel e l’esecutivo, ma nasconde insidie. Il tema migranti continuerà a preoccupare l’opinione pubblica tedesca, e non è l’unico nodo da sciogliere.

«C'era una volta un Paese forte». È il titolo di copertina dell’ultimo numero dell’influente settimanale Der Spiegel. «Il Paese – si legge – comincia a comprendere di non essere così ricco e solido come si pensava solo fino ad un anno fa». Qualcosa nella locomotiva teutonica, che macinava record di export, si sta incrinando. Il Dieselgate sta mettendo in crisi i colossi dell’auto (VW, Audi e Daimler). Deutsche Bank, la più grande privata tedesca, è stata indicata dal Fondo monetario internazionale come «il maggiore contributore netto di rischio sistemico globale». Sono questi i due casi più eclatanti che confermano come la Germania stia vivendo un momento complicato. Le difficoltà politiche, sociali ed economiche stanno favorendo ulteriormente l’ascesa del nuovo partito populista, Alternative für Deutschland. Per la prima volta, dalla fine della Seconda guerra mondiale, una forza politica dichiaratamente di destra è entrata nel Bundestag, nel 2017, con il 12,6%. Se si votasse oggi, raggiungerebbe almeno il 16%.

AfD strumentalizza il tema dell’immigrazione che, come in altri Paesi dell’Ue, ha forte presa tra le fasce più povere della popolazione. Ma i nuovi nazionalisti sono sostenuti anche da parte della ricca classe conservatrice, che si sente tradita dall’Unione democristiana o dai liberali che tradizionalmente in Germania hanno difeso i valori dei conservatori. L’ascesa politica di AfD, secondo alcuni sociologi ed osservatori politici , può essere interpretata come una conseguenza della pericolosa spaccatura sociale che si sta verificando nel Paese. Questa è anche l’analisi del sociologo Stefan Liebig, dell’Istituto di Economia di Berlino. In un’intervista al progressista Die Zeit, Liebig ha cercato di spiegare quanto sia povera la 'ricca' Germania. «Nel nostro Paese possiamo definire povero chi guadagna meno di 1.000 euro al mese. È difficile dire con esattezza quante persone vivano sotto questa soglia. Ma possiamo senza dubbio affermare che circa il 20% delle persone in Germania sono a rischio povertà o comunque vivono al limite delle loro possibilità». Anche la federazione che tutela l’assistenza pubblica, la Paritätischen Wohlfahrtsverbandes, conferma tali stime. «Ogni anno assistiamo centinaia di migliaia di persone e stiamo registrando un aumento sensibile di chi è in difficoltà economica. Sono più di 1 milione e mezzo coloro che ogni giorno mangiano nelle mense dei poveri», ha sottolineato il presidente della Wohlfahrtsverbandes, Ulrich Schneider. Di conseguenze, il sistema sociale tedesco dovrebbe essere rivisto. Nel mirino di media e gran parte del mondo politico è finito soprattutto il sistema di sussidi per la disoccupazione, il cosiddetto Hartz IV.

Dal 2005, anno della sua introduzione, la Germania ha superato con successo i postumi dell’unificazione e la grande crisi economica, anche grazie al sistema di sussidi messo a punto da Peter Hartz, l’esperto economista del lavoro dell’ultimo cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schröder. Oggi l’accusa è quella di aver fallito l’obiettivo: favorire il reintegro dei disoccupati nel mondo del lavoro. Secondo molti osservatori, il sussidio, in molti casi, si è trasformato in una spirale perversa senza via di uscita. «Un sistema che ti dice che è colpa tua se sei disoccupato e ti impone di trovarti da solo il modo di rientare nel mercato del lavoro non ha nulla a che fare con i principi di solidarietà sociale sui quali era stato creato Hartz IV», ha sottolineato il nuovo leader dei Verdi, Robert Habeck. Anche i socialdemocratici stanno cominciando a pensare a una riforma. Entro la fine della legislatura è possibile che l’attuale sistema di sussidi venga sostituito da un reddito di base superiore ai 416 euro attuali, fino a oltre 900 euro.

«Le cifre previste oggi da Hartz IV non consentono di vivere dignitosamente. Chi ha figli ha a disposizione per loro poco più di un euro al giorno», dice Sarah Wagenknecht, la leader della sinistra antagonista, Die Linke. Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio federale del Lavoro, in Germania vivono almeno 800mila persone che percepiscono il sussidio di disoccupazione di lunga durata e vivono solo grazie ai fondi sociali. A questi bisogna aggiungere circa 6 milioni di persone che risultano occupate ma che svolgono attività poco remunerative, i cosiddetti eurojob, e che quindi sono costrette a chiedere diverse forme di sostegno e sussidio, tra cui anche Hartz IV. I dati relativi a disoccupati e a fruitori di sussidi, sottolineano dall’Ufficio federale del lavoro, negli ultimi due anni stanno aumentando vertiginosamente anche a causa dell’aumento di richieste di sussidio da parte di migranti e rifugiati.

È uno dei quesiti che divide maggiormente mondo politico ed opinione pubblica: stranieri e rifugiati hanno diritto ad accedere al sistema di sussidi sociali? Secondo dati incrociati tra ufficio federale del lavoro ed ufficio federale della migrazione (Bamf), oggi in Germania circa 1,6 milioni di stranieri percepiscono il sussidio di disoccupazione di lunga durata. «Tra il 2016 ed il 2017 – ha sottolineato il quotidiano Die Welt – è salito di 480.000 unità il numero di stranieri che percepisce Hartz IV. La maggior parte sono rifugiati». Questo è uno dei dati che ha convinto il governo federale a modificare le politiche sull’accoglienza. L’artefice del cambio di rotta è il ministro dell’Interno, proprio Horst Seehofer. L’ex governatore bavarese e il suo partito, i cristiano-sociali della Csu, nel contratto di governo sono riusciti a far inserire un limite (200.000) ai rifugiati che ogni anno potranno essere accolti in Germania. È stato anche inserito un limite ai ricongiungimenti familiari per i rifugiati (1.000 al mese). La proposta di legge avanzata da Seehofer prevede, inoltre, che i rifugiati che usufruiscono di Hartz IV non abbiano diritto ai ricongiungimenti.

Per Seehofer e molti rappresentanti della Csu, in gioco c’è una questione di credibilità. I cristiano-sociali sono ossessionati dalla prospettiva di perdere la maggioranza assoluta alle amministrative del prossimo ottobre in Baviera, dopo il trauma del 38% ottenuto alle elezioni federali di settembre. Per evitarlo, inseguono la destra di Afd sul terreno della tolleranza zero su profughi e migranti. Recentemente, i media hanno rivelato che nella sede dell’ufficio federale per l’immigrazione di Brema (Bamf) dal 2015 ad oggi sono state riconosciute domande di asilo troppo frettolosamente e violate le procedure amministrative. Sarebbero almeno 18.000 gli stranieri che non avevano diritto a ricevere asilo in Germania e tra questi c’erano almeno 46 estremisti islamici. Domenica 3 giugno la Bild am Sonntag ha inoltre riferito che «la cancelliera Merkel venne informata dei problemi avuti dall’ufficio federale dell’immigrazione, subissato da un gran numero di pratiche».

L'opposizione ma anche gli alleati di governo di Grande Coalizione della Spd hanno chiesto chiarimenti ufficiali a Merkel e al ministro Seehofer. È vero che il Paese in meno di due anni è riuscito a sostenere l’arrivo di più di un milione di rifugiati, fornendo una grande prova di efficienza e solidarietà. È vero che un rifugiato su 4 negli ultimi due anni ha trovato lavoro. Ma è anche vero che la maggior parte dei rifugiati ha già presentato domanda per ottenere un sussidio. Ed è soprattutto vero che nel Paese continuano ad aumentare le persone povere. Ora si richiede una revisione di tutte le procedure amministrative che riguardano i rifugiati per evitare di concedere asilo e sussidi a chi non ne ha diritto. Basterà l’accordo raggiunto sui rifugiati a placare le acque agitate nelle quali naviga la Grosse Koalition? Angela Merkel, la cancelliera che, grazie al cortocircuito politico da lei stessa creato, ossia la convivenza tra le due anime politiche del Paese, democristiani e socialdemocratici, governa da tempo il Paese, con il suo esecutivo dovrà confrontarsi con un rischioso cortocircuito sociale: aumento della povertà ed aumento dell’immigrazione.

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