sabato 12 settembre 2015
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​Caro direttore,
sono un docente di storia e filosofia nei licei e affezionato lettore di "Avvenire". Ho già usato in precedenza alcuni vostri fondi e articoli della sezione "Agorà", molto interessanti e lucidi, come spunto per interventi a lezione e per tesine da suggerire ai maturandi. Questa volta desidero ringraziarvi per la serie dal titolo "Pagine di storia civile e cristiana": sono la migliore risposta all’obiezione sciatta che la Chiesa predica tanto e fa poco per i poveri, gli immigrati e i profughi. Come ha scritto Roberto Colombo, i cristiani "praticano" più che "predicano" la carità e la possono predicare a testa alta proprio perché la praticano. Da millenni e anche in questo tempo. Sarà un’interessante provocazione che vorrei lanciare ai miei studenti nell’anno scolastico che tra poco inizia.
Alfonso Rossetto, Genova
Gentile direttore,sono molti anni che leggo "Avvenire", ma è la prima volta che le scrivo una lettera. Lo faccio per congratularmi con lei e il suo quotidiano per la bellissima e molto utile sequenza di articoli su alcune "pagine" della disponibilità di noi cattolici, guidati dai pastori o dai santi, ad accogliere nelle chiese chi è senza tetto, senza pane e senza lavoro. Quale migliore risposta a chi vuol chiudere la porta in faccia alle decine di migliaia di profughi che arrivano in Europa e nel nostro Paese che mostrare loro come noi italiani siamo saliti sulle stesse "carrette del mare" oltre un secolo fa e abbiamo attraversato l’oceano in cerca di quello che loro oggi cercano? E di sapere che tanti nostri connazionali sono morti in questi viaggi della disperazione e della speranza? Per accogliere bisogna avere la consapevolezza di essere stati noi per primi accolti, dall’amore di Dio anzitutto e poi da quello dei fratelli. Grazie per avercelo ricordato in diversi modi, e in particolare con le parole chiare e profonde di don Roberto Colombo. Con un cordialissimo saluto.Carlo Rottabella, Pordenone
Caro direttore,da tanti anni sono un affezionato lettore di "Avvenire" e ringrazio lei con tutta la redazione, perché trovo il giornale dei cattolici italiani sempre più interessante. In particolare, ho apprezzato moltissimo in questi giorni la serie di articoli di Roberto Colombo dedicata alle "Pagine di storia civile e cristiana", che trovo di grande attualità e che dovrebbe insegnare qualcosa a chi strumentalizza l’opinione pubblica intorno al problema degli immigrati e dei profughi. Con grande stima per l’encomiabile impegno del nostro giornale su tutti i fronti.don Demetrio Guarato, Meledo di Sarego (Vi)
 
 
Gentile direttore,
ormai non passa settimana che l’onorevole Salvini non attacchi la Chiesa e i vescovi per i loro inviti ad aprirci maggiormente all’accoglienza dei poveri disgraziati che sbarcano in Italia e in Europa e a non considerali «invasori». Credo che non valga la pena di alimentare ulteriori sterili polemiche. La risposta più bella che ho trovato nel suo quotidiano sono gli articoli di don Colombo che stanno uscendo in questi giorni. A differenza di Salvini, che - lei ho già ricordato - parla molto e fa poco o niente i credenti, come è scritto in uno di questi editoriali, "hanno le spalle coperte" da una montagna di carità, un’evidenza storica e attuale che nessuno può negare, a meno di chiudere gli occhi per non vedere. Come, appunto, taluni politici in cerca di voti facili fanno. Grazie per il contributo di "Avvenire" nel fare chiarezza su questo punto. Buon lavoro.
Gianni Nestore, Pavia
 
In questo tempo di migrazioni forzate e imponenti ho avuto e, lo ammetto, ancora ho la sensazione che ci sia bisogno di ricordare a noi stessi la storia e i fondamenti "ospitali" della nostra civiltà. Fondamenti che hanno consentito uno straordinario sviluppo nel segno di un umanesimo positivo e di una responsabile libertà. Fondamenti che non possiamo dare per scontati e tanto non possono diventare la base di muri ostili e di illusioni deleterie. Come quella di poter imbalsamare il presente. Un presente che, per altro, non merita affatto di essere imbalsamato e che dobbiamo saper aprire a un futuro più umano, più giusto, più cristiano. Per riuscire in questo impegno c’è bisogno di speranza e di coraggio, ma prima ancora di ritrovare la memoria. E i cattolici, anche quelli che vengono definiti "praticanti", devono saperla nutrire e custodire tanto quanto i nostri concittadini italiani ed europei che credenti non sono o cattolici non si considerano. La piccola e utilissima serie di articoli che don Roberto Colombo, sacerdote e accademico, ha dedicato ad alcune essenziali «pagine di storia civile e cristiana» è nata per questo. E per questo l’ho offerta con convinzione e gioia ai lettori, che in tanti - ringrazio tutti e in particolare i quattro che hanno inviato le stringate ed efficaci lettere che precedono questa riflessione - hanno fatto sapere di averla apprezzata. Ne sono molto contento e spero che quegli articoli siano stati letti anche da qualche politico che si era dimostrato particolarmente immemore e decisamente aggressivo nei confronti dei poveri alla porta e dei cristianamente e civilmente accoglienti (ma che, nelle ultime ore, pare aver cominciato a cambiar tono). Grazie dunque a don Colombo e a voi, cari amici. Questa condivisione rafforza la fiducia che ci serve per affrontare con lucidità la sfida della felice e regolata composizione e valorizzazione delle differenze e di annuncio di una Parola che unisce. Sfida che si ripete ciclicamente eppure è ogni volta nuova ed esigente.
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