venerdì 23 agosto 2019
Per la prima volta in decenni, la politica si trova nelle condizioni di lanciare un’agenda governativa profondamente innovativa ed ecologista, come sottolineato anche da Giuseppe Conte...
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Caro direttore,

l’incertezza politica di questi giorni può trasformarsi in una grande opportunità. Per la prima volta in decenni, la politica si trova nelle condizioni di lanciare un’agenda governativa profondamente innovativa ed ecologista, come sottolineato anche da Giuseppe Conte nel suo discorso al Senato. Possiamo fare dell’Italia un riferimento per il resto d’Europa e del mondo, nell’anno in cui papa Francesco lancia il summit sulla 'nuova economia' e la comunità internazionale cerca nuovi modelli di sviluppo con l’Agenda 2030. Dobbiamo uscire dal provincialismo del dibattito politico italiano per guardare in faccia la realtà, nella sua estrema gravità. Siamo di fronte a una crisi sistemica determinata dal convergere di tre fattori: distruzione ambientale, disuguaglianze sociali e instabilità economica.

L’Italia è sempre più colpita dagli effetti dei cambiamenti climatici: il mese di luglio appena passato è stato il più caldo di sempre. Nubifragi, siccità, ondate di calore forti e prolungate, fenomeni meteorologici sempre più intensi ed estremi stanno causando danni ai territori, alle città e alla salute dei cittadini. Le migrazioni, che incidono direttamente sul nostro Paese, sono causate e aggravate dai cambiamenti climatici. Secondo Coldiretti, gli sbalzi termici anomali degli ultimi dieci anni sono costati 14 miliardi di euro solo per l’agricoltura. Gli studenti ci hanno giustamente chiesto di svegliarci, al grido di: 'Ci avete rotto i polmoni!'.

La sostenibilità ambientale, ancora oggi percepita erroneamente come vincolo, rappresenta al contrario una straordinaria opportunità di sviluppo, innovazione e competitività per il tessuto industriale e produttivo del nostro Paese. Un euro investito nella green economy produce molti più posti di lavoro dei tanti euro con cui continuiamo a foraggiare le industrie inquinanti. E genera anche tanti effetti positivi in società, mentre chi inquina ci costa anche in termini di salute e distruzione del territorio, con le relative perdite in produzione agricola e turismo.

Le imprese verdi sono state quelle che, nel mondo, hanno trainato lo sviluppo dell’ultimo decennio, dalla Germania fino alla Cina. I Paesi che più hanno investito nella riconversione industriale sono anche quelli che hanno ridotto le disuguaglianze e ridato dignità al lavoro: un operaio che produce un pannello solare svolge un ruolo molto più edificante per sé, per la sua famiglia e per la sua comunità, rispetto a un collega che lavora in miniera o su una piattaforma petrolifera. Cresce nel mondo la proposta di un green new deal per sostenere la transizione verso una nuova economia, che sia allo stesso tempo più sostenibile, più giusta e più stabile. In che cosa consiste? In nuovi investimenti che, a partire dalla ricerca e dall’innovazione, rilancino imprenditoria e occupazione giovanile (grazie alle nuove tecnologie applicate ai processi produttivi), puntino all’efficienza energetica, alla mobilità intelligente e all’economia circolare, e realizzino un grande piano di transizione delle industrie inquinanti, con risorse ad hoc per proteggere e convertire posti di lavoro.

Infine un sistema fiscale in senso green, tassando e sanzionando le attività inquinanti, rimodulando l’Iva in modo da incentivare consumi sostenibili e applicando il principio di 'chi inquina paga', con cui finanziare le aziende che introducono sistemi innovativi di protezione degli ecosistemi. Facendo di questi obiettivi il cuore di un programma economico, il nuovo governo potrebbe innescare un circolo virtuoso di circa 190 miliardi di nuovi investimenti, con oltre 68 miliardi di aumento della produzione e 240 miliardi di valore aggiunto, creando oltre 800mila nuovi posti di lavoro. Secondo le indagini realizzate da Unioncamere e Fondazione Symbola, solo nel 2018, c’è stata una domanda di green jobs pari a quasi 474mila contratti, cioè il 10,4% del totale delle figure professionali richieste per l’anno. Si tratta di ingegneri energetici, agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici, installatori di impianti termici a basso impatto e tanti altri profili innovativi. È il momento giusto anche in Europa.

La nuova presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, ha promesso una svolta decisiva sulla transizione ecologica, mentre il rallentamento dell’economia tedesca apre una finestra di opportunità politica per superare la logica sbagliata dell’austerità, riportando in auge il ruolo centrale dello Stato come investitore e innovatore. L’Italia è storicamente il Bel Paese. Eppure decenni di politiche sbagliate hanno trasformato la nostra Penisola in una pattumiera, la nazione più cementificata al mondo, costellata anche di centrali e industrie fatiscenti, che generano profitti per pochi e danni per tanti. Partendo da alcune buone basi gettate in questi anni, si può costruire un governo dei 'sì' e del 'fare', ma che dica i sì giusti e faccia le cose che servono davvero al Paese.

Un governo di personalità politiche che abbiano nel proprio Dna la fusione tra economia ed ecologia, un binomio tradizionalmente contrapposto dalla visione retrograda che da sempre domina il dibattito nazionale. Un governo che, come ha fatto la stessa Von der Leyen, ascolti i gruppi parlamentari e le principali rappresentanze della società civile prima di stilare il suo programma di azione. Un governo non di accordi tra segreterie, ma che nasca dalla voglia di riscatto ormai trasversale alle forze politiche. Perché è finita l’era disastrosa dell’uomo solo al comando e di chi ha capito tutto. Serve un Governo di cui andare davvero fieri e che faccia dell’Italia un leader mondiale nella creazione di benessere equo e sostenibile.

* Economista, viceministro uscente per l’Istruzione, Università e Ricerca e deputato del Movimento 5 Stelle

** Sociologa, già presidente di Legambiente e deputata di Liberi e Uguali

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