giovedì 23 ottobre 2014
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Ha grandi aspettative il premier Matteo Renzi sulla nuova Commissione, quella presieduta dal lussemburghese Juncker e nella quale l’italiana Mogherini occupa una delle sette (7) vicepresidenze oltre che ricoprire il ruolo di Commissario alla politica estera e di sicurezza comune. La sua è un’attesa di cambiamento quasi 'palingenetico', in grado di una reinterpretazione dei vincoli finanziari e contabili relativi all’euro in grado di consentire al suo governo di ritrovare quelle risorse necessarie non solo agli 80 euro promessi a neomamme e lavoratori dipendenti a basso reddito, ma anche al rilancio di un’economia italiana sempre più asfittica. La sensazione è che simili aspettative assomiglino un po’ troppo a delle speranze più che a delle previsioni, ma resta il fatto che l’elezione di Juncker è passata anche grazie al varo di un 'programma di governo' da parte del suo presidente che introduceva un impegno, più o meno stringente, a varare un grande piano di investimenti capace di rivitalizzare il comparto produttivo dell’economia dell’intera Unione, da troppo tempo col fiato corto. In ciò, di sicuro, la nuova Commissione vuole marcare una discontinuità con la precedente, guidata dal portoghese Barroso. A onor del vero, la differenza tra le due Commissioni non sta tanto nella qualità dei membri, alla fin fine equivalente, e neppure nella visione dei due presidenti. La vera novità sta piuttosto nella crescente consapevolezza che la durata e profondità della crisi da un lato, e la fragilità e lentezza della ripresa dall’altro, rischiano di causare danni ben maggiori dei benefici derivanti dall’avere i conti in ordine. Se la Commissione Barroso è stata prevalentemente assorbita dal tema delle riforme istituzionali e dalle conseguenze delle vere e proprie torsioni alle quali il sistema comunitario è stato sottoposto a causa dei compromessi politici di questi ultimi dieci anni (compreso il Trattato di Lisbona), la Commissione Juncker deve confrontarsi con le distorsioni sociali prodotte dalla crisi economica e dalle risposte inadeguate fin qui offerte dall’Unione Europea. E su questo andrà giudicata.
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