martedì 4 gennaio 2011
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Caro direttore, nello scorrere le notizie di queste prime giornate dell’anno nuovo non posso fare a meno di ricordare le profetiche ma purtroppo inascoltate parole di Giovanni Paolo II quando implorava l’allora presidente statunitense di non iniziare un guerra che avrebbe avuto effetti non controllabili soprattutto nei confronti delle minoranze cristiane oltre ai dubbi circa al resto. Gli effetti di persecuzioni e discriminazioni, non solo in Paesi islamici, sono sotto gli occhi di tutti. Solo chi non vuole vedere, per falso pudore e falso rispetto non sa riconoscere la gravità di quanto accade. E qui mi viene in mente una seconda affermazione del grande Giovanni Paolo II in merito al mancato riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa. La pervicace ostinazione degli apparati burocratici dell’Unione Europea volti ad assumere sempre posizioni neutralistiche in tema di religione (a meno che non si tratti di censurare la Chiesa Cattolica) anche di fronte ad eventi aberranti come quelli di Alessandria d’Egitto, in nome di una insipida ispirazione laicista assorbita come una spugna da ciò che di peggio abbiamo avuto in eredità dagli ultimi secoli, fa sì che un assordante silenzio si levi dai palazzi di questa istituzione. Personalmente l’Europa che avevo in mente da ragazzo non è certo quella cha appare oggi unicamente fabbrica di normative tecniche incapace, a mio avviso, di levare la propria voce in modo convinto e sincero nei confronti dei fatti abnormi che nel mondo stanno accadendo da un anno a questa parte. Spero molto che i deputati europei che si definiscono cristiani facciano davvero e pesantemente sentire la loro voce e non permettono che su queste cose cada il silenzio.

Mauro Bezzi, Ferrara

Le voci cominciano a levarsi, caro amico. E le parole profetiche di Giovanni Paolo II, puntualmente rafforzate dal limpido magistero di Benedetto XVI, cominciano a trovare eco, seppure tardiva, anche nei palazzi della politica. C’è da sperare e da lavorare – l’ho detto e lo ripeto – perché queste dichiarazioni politiche diventino solenni e impegnative, a Strasburgo e a Bruxelles come a Roma e a Baghdad, al Cairo come a New York, nei Parlamenti nazionali e nelle Assemblee della Ue e dell’Onu, e perché alle prese di posizione seguano i fatti. La difesa dei cristiani, come quella di ogni altro perseguitato a causa della propria fede, non può essere solo uno slogan buono per i giorni nei quali il dolore e il lutto si fanno più gravi ed evidenti. C’è purtroppo una quotidianità della violenza e dell’ingiustizia che non consente più a nessuno disattenzioni e ostentate indifferenze. Uccisioni e sopraffazioni anti-cristiane dilagano: in Egitto e in India, in Iraq e nelle Filippine, in Cina e in Pakistan... Certo, sappiamo tutti bene – e tante pagine di storia, soprattutto della storia tragica del Novecento, ce lo ricordano – che l’indifferenza è una sorella minore, e appena più educata, dell’intolleranza e che la disattenzione è figlia della rimozione e, spesso, madre della negazione di legittimità a una realtà religiosa e culturale e a concrete comunità di uomini e di donne, di persone letteralmente martirizzate.Ecco perché dall’Europa – si proprio da questa Europa unita che è arrivata incredibilmente a proporre nelle agende confezionate per i giovani delle sue scuole tutte le possibili festività religiose cancellando solo il Natale e la Pasqua cristiane – ci aspettiamo un sussulto di consapevolezza e di rispetto. È la patria comune dei popoli del Vecchio Continente ed è una voce che può essere forte e che non deve continuare a essere svuotata di sé sino all’insignificanza. Ha ragione, gentile signor Bezzi: essere dimentichi e insignificanti, oggi più che mai, vuol dire assecondare i persecutori e gli assassini. (mt)
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