Il Papa, Pannella, la croce di Romero. «Spes contra spem». E noi a piedi scalzi
sabato 1 aprile 2023

Un amico giornalista e radicale condivide con me quella che probabilmente è stata l’ultima lettera di Marco Pannella, scritta poco prima della morte e inviata a papa Francesco di ritorno, in quel 2016, dai campi profughi di Lesbo. L’accolgo volentieri, con rispetto, commozione e anche un po’ di disagio...


Caro direttore,
siamo abbastanza distanti dal decennale del pontificato di Francesco, e all’indomani del suo “ritorno a casa” dopo un serio malore, alcuni giorni in ospedale e alla vigilia dei giorni della passione di Cristo. E anch’io sento di poter dire la mia senza iscrivermi a un qualche coro d’occasione. Cronache e commenti e profondi interventi nei giorni delle celebrazioni e anche in quelli della preoccupazione sono stati davvero tanti. Giusto così. Valutare e “pesare” l’azione e i comportamenti di un pontefice da parte dei contemporanei non è facile né semplice. È compito di esperti, storici, che hanno il necessario distacco, la dovuta “freddezza”, i documenti a disposizione. Io vorrei solo aggiungere un piccolo tassello al vasto mosaico. Il 16 aprile del 2016 Francesco si reca in visita nel campo profughi di Lesbo, in Grecia. Marco Pannella è già malato e sofferente. Il 22 aprile (poco meno di un mese prima di morire, il 19 maggio), invia una lettera a Francesco e forse si tratta del suo ultimo scritto. È una lettera che si può intitolare, credo a ragione: «Spes contra spem». L’incontro tra un inossidabile laico e un altrettanto inossidabile credente. Mi sembra buona cosa, ed esempio in qualche modo da imitare. La condivido con te. Buona giornata
Valter Vecellio
direttore di “Proposta Radicale”

Roma 22 aprile 2016
Caro Papa Francesco,
Ti scrivo dalla mia stanza all’ultimo piano – vicino al cielo – per dirti che in realtà ti stavo vicino a Lesbo quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne, di quei bambini, e di quegli uomini che nessuno vuole accogliere in Europa. Questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere accanto agli ultimi, quelli che tutti scaricano. Questa passione è il vento dello “Spirito” che muove il mondo. Lo vedo dalla mia piccola finestra con le piante impazzite che si muovono a questo vento e i gabbiani che lo accompagnano. In questo tempo non posso più uscire, ma ti sto accanto in tutte le uscite che fai tu. Un pensiero fisso mi accompagna ancora oggi: spes contra spem. Caro Papa Francesco, sono più avanti di te negli anni, ma credo che anche tu ti trovi a dover vivere spes contra spem. Ti voglio bene davvero.
Tuo Mar
co
P.S. Ho preso in mano la croce che portava in mano monsignor Romero e non riesco a staccarmene.

Caro Valter, caro collega e amico, ho letto con rispetto, commozione e un lieve senso di disagio le tue gentili righe e la breve e intensa lettera che Marco Pannella inviò al Papa il 22 aprile 2016 e che tu hai condiviso con me.
Rispetto. Quello che si deve a un protagonista della vita pubblica del nostro Paese giunto col suo fardello di passioni e di ragioni all’ultimo tratto del cammino terreno e che, in quel passaggio decisivo, sa tenere gli occhi sul cammino povero, faticoso e duro di altri esseri umani, vite appese ai confini d’Europa da un arbitrio che si fa legge.
Commozione. Quella che è inevitabile quando si scopre sulla bocca e nella penna di un «laico inossidabile», capofila di battaglie assai dure su alcuni temi cruciali dell’umanesimo cristiano e cattolico, un respiro e una fioritura di parole teneramente e persino spudoratamente cristiani. E non penso soltanto al motto paolino spes contra spem, infinitamente caro a Giorgio La Pira e che Pannella ha spesso citato e, alla sua speciale e spesso provocatoria maniera, cercato di incarnare.
Disagio. Quello che mi prende sempre di fronte a squarci sull’anima di persone giunte al culmine dell’esistenza: sono “stanze” in cui quelli come te e come me possono solo entrare in silenzio, e comunque a bassissima voce, e a piedi scalzi.
Conosco la croce che il gran capo del Partito radicale ha potuto tenere con sé in quei momenti. È la croce di un martire, il santo vescovo Oscar Arnulfo Romero, ucciso sull’altare il 24 marzo 1980 da uomini di uno “squadrone della morte” del regime salvadoregno. Conosco e so il peso di quella e di ogni altra croce che rimette sotto i nostri occhi, nelle nostre mani e – se lo permettiamo – nei nostri giorni (pochi o tanti che siano) un infinito dovere e un infinito amore. E capisco, caro Valter, perché Pannella non riuscisse a staccarsene. Su di essa sono inchiodate e attraverso essa risorgono la Parola e la speranza. Spes contra spem, appunto. Buona Domenica delle Palme

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