I sovranismi si elidono
mercoledì 11 gennaio 2023

I sovranismi europei hanno un problema in materia di asilo, e lo ha soprattutto il sovranismo in versione italiana. Roboante nelle dichiarazioni, quando deve indicare delle soluzioni per la gestione dei rifugiati immancabilmente chiama in causa Bruxelles e gli altri governi dell’Unione. Ma i primi nemici della solidarietà intraeuropea sul tema dell’accoglienza sono proprio i governi nazional-populisti. Ne avevano già fornito diverse dimostrazioni gli alleati est-europei di Fratelli d’Italia, rifiutando anche solo timide redistribuzioni volontarie delle persone in cerca di asilo, per non parlare di riforme più incisive delle convenzioni di Dublino. Ora, sia pure con toni più felpati e successive precisazioni, persino la Svezia, presidente di turno della Ue, ha fatto sapere che nel 2023 nessun avanzamento è alle viste in materia di riforma delle politiche europee dell’asilo.

Va ricordato che Stoccolma, ex potenza umanitaria dall’encomiabile curriculum in materia di accoglienza, ha ora un governo che dipende dal sostegno esterno del partito dei Democratici svedesi, una formazione della destra radicale alleata in Europa di Fratelli d’Italia e del Partito Diritto e Giustizia polacco. Va anche detto che il Paese scandinavo capeggia di gran lunga la classifica europea dell’asilo, accogliendo 25 rifugiati ogni 1.000 abitanti. L’Italia, per dare un’idea, non arriva a quota 4 (dati Unhcr). Ecco, dunque, la contraddizione: la destra sovranista nostrana pretende più solidarietà dalla Ue, continuando ad affermare – con sprezzo dei dati statistici e di realtà – che il nostro Paese o le sue regioni meridionali sono state ridotte a campo profughi d’Europa (ultimo in ordine di tempo, il ministro Piantedosi ad Agrigento, lunedì). Ma la destra sovranista al potere in altre capitali, o in grado d’influenzare i governi in carica, vuole ridurre e non aumentare il proprio impegno umanitario e di solidarietà con gli altri Paesi dell’Unione. I sovranismi si elidono a vicenda e finiscono per paralizzare gli sforzi di riforma delle politiche della Ue sull’argomento.

In realtà, però, un’aspra mezza via d’uscita ce l’hanno, e questo fa temere il peggio. Bloccati sul fronte della solidarietà intergovernativa, possono tentare di spostare la partita sul fronte esterno, quello della cosiddetta “prevenzione delle partenze” e della chiusura delle frontiere. Come ha detto Lars Danielsson, ambasciatore svedese presso la Ue, sulla migrazione «bisogna usare la carota, ma anche il bastone». Considerando che la carota sarebbe quelle dei finanziamenti ai governi autoritari dei Paesi di origine e di transito per indurli a fermare chi vuole fuggire, è facile immaginare che cosa possa significare il ricorso al bastone. Immancabili, purtroppo, gli applausi da parte italiana.

La ricetta “carota e bastone” rischia di diventare purtroppo la nuova ortodossia della Ue. Anche i governi per tradizione più attenti alle ragioni umanitarie sentono soffiare il vento nazional-populista tra i loro elettori. La definizione di nuove regole europee a sua volta risente dell’opposizione delle capitali più riottose all’accoglienza dei richiedenti asilo. Il risultato è che gli unici accordi possibili appaiono quelli che restringono le possibilità d’ingresso, ricorrono alla vuota e usurata e retorica della “guerra ai trafficanti”, rafforzano Frontex con le sue controverse pratiche di respingimento alle frontiere, estendono in Africa le misure di contrasto nei confronti della mobilità transfrontaliera, premiano governi come quello croato: ammesso nell’area Schengen dopo essersi distinto come gendarme della rotta balcanica, senza troppo badare ai comportamenti della sua polizia.

Le contraddizioni dei sovranismi incrociati proiettano dunque un’ombra inquietante sull’assetto complessivo della politica europea dell’asilo e sulla postura dell’Europa in un mondo in cerca di nuovo e più giusto equilibrio. Occorre cambiare rotta al più presto per salvare ciò che resta del progetto comunitario e dei suoi valori fondanti, ma anche della capacità europea di contribuire efficacemente a un nuovo governo mondiale.

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