mercoledì 25 maggio 2011
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Caro direttore,al Tg1 serale del 22 maggio è stata diffusa un’intervista ai genitori del ragazzo che ha ricevuto un organo della bambina di Teramo, morta perché dimenticata dal padre in auto per cinque ore sotto il sole. E nei giorni seguenti ne ho trovato ampia conferma sulla stampa. Ma non devono restare segreti i dati personali del donante? O per una vita ho capito male? Regola che ritengo fondamentale anche nel caso fosse attuata la "statalizzazione" del sistema, che io propongo da anni, cioè l’automatico procedimento al semplice accertamento della morte cerebrale. Purtroppo anche nelle super civiltà occidentali vige invece il principio della "donazione", che viene rifiutata dal 30% (di media, perché in alcune regioni si va ben oltre il 50%!) delle persone che potrebbero farla. Non solo è una vergogna, ma lo Stato avalla, anzi sostiene un immorale rifiuto, che a mio parere non ha alcuna giustificazione, in quanto nessuno perderebbe qualcosa mentre altri guadagnerebbero una vita, diritto naturale, per altro normalmente tutelato (magari togliendola anche a chi lo ha violato). Ritengo che così lo Stato tradisca la sua funzione primaria, forse l’unica: il mantenimento dell’ordine sociale, con il costo di un gran numero di morti innocenti per mancanza di organi sufficienti. E vi è persino di peggio: in alcuni Stati è già stato legalizzato il commercio degli organi e tanti sono avviati su quella strada, in vista di un ricco business. Apprezzo il fatto che i media mettano continuamente in evidenza la nobiltà della donazione, ma sono dispiaciuto dal fatto che, rebus sic stantibus, non enfatizzino la non-donazione.

Mario Grosso, Gallarate (Va)

Arrivo a comprendere il suo punto di vista soprattutto per l’idea chiara e generosa che ha alla base, ma non sono d’accordo con lei, caro signor Grosso. Anche solo a sentir parlare di "statalizzazione" degli organi dei cittadini morenti mi vengono i brividi. Temo, tra l’altro, che non sarebbe neanche un vero argine al business della vendita degli organi umani, che se "espropriati" come un qualunque bene, come un qualunque bene potrebbero essere elargiti o, appunto, alienati a titolo oneroso (magari travestito da ticket) dall’ente pubblico che ne diventasse "padrone". Ma soprattutto credo nella civilissima e profondamente umana e cristiana cultura della donazione. E penso che si debba sostenerla e farla crescere: la scelta conta.
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