venerdì 22 aprile 2016
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Il caso Android, il mercato, la conoscenza, i valori Caro direttore, la messa sotto i riflettori europei di Google sollecita alcune importanti considerazioni. Imporre l’uso delle applicazioni, limitando gli utenti nella scelta di altri strumenti; condizionarli a priori, grazie alla diffusione capillare (e gratuita) del sistema operativo su moltissimi apparati mobili – circa l’80% di quelli utilizzati lavorano con Android. Queste le motivazioni – in sintesi – che hanno portato la Commissione europea a muovere un passo decisivo contro Google e il suo popolare sistema operativo. La connessione tra sistema operativo e applicazioni sarebbe, a giudizio di Bruxelles, frutto di una strategia specifica da parte di Mountain View che integrerebbe, almeno in nuce, un abuso di posizione dominante, grazie allo sfruttamento, come si legge nel comunicato stampa della Commissione, del ruolo primario rivestito nel «settore della ricerca generica su Internet» da parte del colosso Usa. A rischio, dunque, l’applicazione dell’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ( Tfue). Del resto, Google in Italia ha una quota di mercato elevata: nel 2010 era al 92% delle ricerche effettuate; a marzo 2015 era al 95%; oggi si attesta ancora su tale valore. Non solo: Google in Italia è anche lo strumento più utilizzato per informarsi (circa il 20% degli utenti). Il quadro complessivo è di immediata evidenza. Certo, siamo ancora alla fase preliminare. Ma il caso fa riflettere. Perché verte su tematiche solo apparentemente tecniche, che in realtà interessano la vita quotidiana dei cittadini. E non solo le scelte economiche, ma anche stili di vita e la stessa riservatezza personale, se è vero che la concentrazione dei dati in poche mani si rivela pericolosa – e strumento di controllo da parte di sconosciuti. Elidere i consolidamenti delle posizioni di potere presenta, in altri termini, scelte valoriali generali. Contenuti assiologici si mostrano alla stregua di princìpi cui tendere con vigore.  È vero, dunque, che la procedura non è ancora conclusa, ma già adesso l’intervento indica le linee di fondo della Commissione. Margrethe Vestager, infatti, sembra proprio non aver usato mezzi termini. Ha ricordato al gigante americano che l’Europa non è un concetto astratto, ma un insieme di valori e di tradizioni. Di diritti e di rispetto. Che vanno preservati da chi ne valica le molteplici soglie. Non posso che concordare con questo – ripeto, iniziale – approccio della commissaria e della Commissione nel suo insieme. È un approccio che parla di tutela dei singoli in un mondo dominato da alcuni colossi imprenditoriali, immensamente più forti del singolo consumatore, ma anche destinati a incontrare, per fortuna, chi intende tutelare i più deboli. Sia chiaro: non vi è nell’attività iniziata una presa di posizione idealistica. Le imprese, dette Ott, che forniscono contenuti arricchiti, nel cui novero Google appartiene, spesso fanno del bene, in termini di innovazione. Ma devono saper convivere con situazioni, ordinamenti e norme diversi rispetto a quelli da cui originano, e devono consentire ad altri operatori di potere operare, allo stesso modo, quella innovazione di cui sono portatori. Non possono certo ostacolarli con strumenti più o meno indiretti, come sembra emergere dalle prime risultanze dell’indagine Ue. Il Vecchio Continente e la sua impalcatura esecutiva di Bruxelles sono lì a dimostrarlo. Il passaggio compiuto mercoledì, pur se agli albori di un ipotetico nuovo procedimento, rievoca le posizioni assunte e definiti in altri casi ben noti, in primis il caso Microsoft. È, dunque, un segnale della Commissione per cui deve essere assicurata la scelta dei singoli, che diviene una scelta di libertà, e non deve essere perciò condizionata. Neanche quando si tratta di poteri particolarmente forti e con una posizione mondiale forse inarrivabile, come i giganti della Rete. La forza dell’eventuale sanzione (10% del fatturato annuale, che nel 2015 è stato di 74,5 miliardi di euro) è lì a ricordare la forza dell’Esecutivo europeo.  Poter scegliere quali servizi utilizzare quando si accede alla rete è un diritto cui non possiamo rinunciare. Richiama in generale un arricchimento di possibilità per il consumatore, che però non è solo tecnico, tecnicistico o settoriale. È, come detto, un elemento strategico, per la vita dei cittadini in uno spazio di legalità e giustizia come deve essere l’Europa. Ricordiamo, con Joseph Stiglitz, che «la conoscenza è un fattore determinante per la società». Questa conoscenza non può essere rimessa nelle mani di pochi. Al contrario, la conoscenza creata all’interno delle aziende – come Google e Alphabet – deve poter essere diffusa nel tessuto sociale. Questo il portato ultimo delle mosse della Commissione europea. E se l’Europa, in questi tempi difficili, ambisce ancora a un sogno comune dei Popoli e degli Stati che la compongono, deve fare simili scelte. Crediamo in tali scelte coraggiose. Le appoggiamo al fine di costruire un mercato più funzionante. Ma anche un futuro più sicuro, libero e migliore.
  
*Commissario Agcom
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