
Un'immagine dal sito ufficiale di Gorizia Nova Gorica capitale europea della Cultura 2025 - www.go2025.eu
Gorizia con Nova Gorica è “capitale europea della cultura 2025”. Si tratta della prima volta che questo titolo viene assegnato a una realtà transfrontaliera composta da due città, un tempo un’unica realtà e divise dopo la Seconda guerra mondiale dal confine tra Italia e Jugoslavia e ora Slovenia. Già alcuni anni fa avevo proposto uno spostamento di aggettivo nella denominazione di “capitale europea della cultura” suggerendo che Nova Gorica- Gorizia fossero “capitale della cultura europea”. Non era un gioco di parole, ma una precisa proposta di vedere quest’anno incentrato proprio sulla cultura europea e non genericamente sulla cultura. Non avrei indicato la medesima cosa se, in ipotesi, fosse Ventimiglia a diventare capitale europea transfrontaliera della cultura con Mentone, prima città della Francia appena varcato il confine.
L'arcivescovo di Gorizia monsignor Redaelli - Foto Siciliani
Nova Gorica e Gorizia non sono semplicemente una capitale transfrontaliera tra due Paesi europei qualsiasi, ma sono una realtà che può esserci semplicemente perché esiste l’Europa come è stata pensata a partire dalle macerie della Seconda guerra mondiale. Se non ci fosse l’Europa saremmo ancora divisi da una rete, avremmo ancora paura a passare di qua e di là del confine, saremmo ancora bloccati da timori e rancori. A Gorizia e Nova Gorica, più che altrove si sente pertanto la necessità di riprendere con forza i valori che i padri fondatori hanno voluto collocare alla base di quella che oggi è l’Unione Europea. È la “vocazione” di queste due città. Per ridare rilancio ai valori europei non basta qualche riflessione e qualche suggestione. Soprattutto oggi, quando non siamo in un’epoca di cambiamento ma solo all’inizio di un cambio d’epoca globale (intuizione profetica di papa Francesco, che sembrava strana solo qualche anno fa). Accenno solo a due questioni che meritano un approfondimento e un agire conseguente. La prima riguarda il passato: bisogna prendere atto che non è ancora giunta a maturazione in noi europei una presa di coscienza del “suicidio” dell’Europa successo nel secolo scorso a causa di un’unica grande guerra mondiale avvenuta in due tempi, e di ciò che ha provocato quel suicidio.
Occorre capirne le cause per non ripetere quell’orrore: nazionalismo, totalitarismo, sete di potere, disprezzo dei popoli, schiavitù delle persone, ecc. Guardando al presente e al futuro – ed è una seconda questione – confesso la mia preoccupazione, immagino condivisa da tanti, circa la proposta di rilanciare l’Europa solo o quasi con un aumento della spesa delle armi e la prospettiva di una difesa europea. Preciso che non sono per niente contro le forze armate e la loro funzione, in particolare se viene svolta nel rigoroso rispetto dell’articolo 11 della nostra Costituzione e a difesa della pace e della giustizia. Ma proprio la nostra esperienza – nostra intendo di queste terre di confine – ci dice che non si ottiene la pace e non la si garantisce aumentando le armi e gli eserciti, quanto piuttosto creando occasioni di conoscenza, di rispetto, di arricchimento reciproco, di collaborazione tra popoli, lingue, culture, nazioni diverse. Occorre riprendere continuamente i fili di ciò che ci unisce: e non sono solo i soldi e i commerci, ma la cultura, l’arte, la poesia, la musica e anche la vita quotidiana di famiglie, di uomini e donne simili noi a prescindere dalla lingua, dalla mentalità, dalla religione. Non è un lavoro facile, esige tempo e non finisce mai, ma è l’unica via per la pace.
*Arcivescovo di Gorizia