martedì 20 ottobre 2009
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Caro Direttore,mi permetto di inviarti alcune considerazioni sul tuo editoriale di ieri. Comincio con quella che è per me la più importante. Ho sbagliato, ho sbagliato davvero a criticare il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Crociata. Per di più giocando sul suo cognome. Viene facile e io avrei dovuto saperne qualcosa. Nel merito: la Chiesa italiana è la prima a sostenere i cristiani nel mondo, e paga con i suoi missionari e preti "fidei donum", sostenuti dai loro vescovi e dalla Conferenza episcopale, un prezzo di persecuzione impagabile. Ora vorrei spiegarmi sul resto. Lo ritengo molto importante anche perché la domenica "Avvenire", cui sono orgoglioso di aver collaborato gratis per alcuni anni (dal 1977 al 1981), raggiunge tanta gente, che sono poi la mia gente. Mi hai eretto a protagonista negativo, in tanti anni è la prima volta che sono citato in un editoriale di prima pagina, e dunque consentimi una risposta in dialogo con te, non volendo alimentare ulteriori motivi di un contrasto che, nelle mie intenzioni, non ha ragione di essere.L’errore da te notato riguardo a chi ha crocifisso i cristiani del Sudan, lasciati dire che non c’è. Sono abbastanza esperto di politica estera per conoscere il movimento Lord’s Resistance Army (Lra), e sapere che non aderisce organicamente ad al-Qaeda. Questo movimento però nasce para-cristiano e si è trasferito armi e bagagli nel mondo islamico fondamentalista, per comodo o per ideologia, non lo so. Di certo ha rapporti positivi con il regime di Karthoum. Al-Qaeda inoltre è una galassia (vuol dire "rete") e trova empatie e alleanze al di là dell’ortodossia sunnita. Nel giornalismo si deve semplificare: ho semplificato così. Quanto a non aver citato "Avvenire", confesso che mi è rimasto nella penna, Luca Volontè quando è intervenuto alla Camera aveva letto la notizia proprio su Avvenire. Dunque, va bene il rimbrotto, giusto difendere l’onore di testata. Ma non credo che tutto questo meriti un editoriale. Lo ha meritato a tuo giudizio la mia presunta volontà di strumentalizzare il martirio dei nostri fratelli cristiani a scopo politico. Un’accusa gravissima, la più grave che esista, una sorta di simonia politica. Penso si vada all’inferno per molto meno. Mi spiace, ma questo processo alle intenzioni pretende di conoscere il mio cuore. Ed è proprio sbagliato. Io non ho picchiato il pugno sul petto degli altri, ho picchiato il mio di costato, dichiarandomi colpevole. L’ho scritto, controlla. Ho raccontato – e credo sia legittimo – che chiunque frequenti il mondo ecclesiastico sa come purtroppo al centro dei discorsi stia sempre Berlusconi e la sua moralità privata. Siamo tutti immersi in tali questioni, ed è naturale. Ma ho voluto ricordare a questo proposito, e non me ne dolgo, il fatto, peraltro riconosciuto da "Avvenire", che il governo italiano è stato il più pronto a difendere il diritto dei cristiani, e a condannarne le persecuzioni, sollecitato magari proprio da interrogazioni e richieste di alcuni deputati tra cui il sottoscritto. È stata mia la proposta, accolta da Frattini e Fini, di istituire un osservatorio governativo e parlamentare sui diritti umani con riguardo particolare alla libertà religiosa e alla persecuzione. Mi sono battuto finora invano per introdurre la cristianofobia nelle risoluzioni del Consiglio d’Europa. Ho denunciato pubblicamente durante una sessione  di questa assemblea parlamentare a Strasburgo l’Alto Commissario europeo Hammarberg per aver impostato la sua missione dimenticando le origini cristiane, tanto da distribuire un opuscolo dove descrive così il suo impegno: «Meno carità, più diritti».Mi fa un po’ specie dover illustrare l’impegno di una vita proprio su "Avvenire", ma lo faccio senza nessuna voglia di rivendicare meriti, solo per promettere di volermi battere, con i miei limiti palesi, per i tre principi non negoziabili proposti da Benedetto XVI nel marzo del 2006 ai politici del Partito popolare europeo: vita, famiglia, educazione. Chiedo per questo aiuto e va benissimo la correzione. Lo riconosco. L’appartenenza a una parte politica e a un leader cui sono affezionato mi porta all’apologia dei medesimi, e qualche volta la passione nuoce alla serenità, così sono stato ingiusto con monsignor Crociata per quell’omelia.Ieri mi avrai anche letto sul "Giornale" a proposito della Ru486. Ti autorizzo a strumentalizzarmi.

Renato Farina, deputato del Pdl

Caro Farina,parto dalle cose importanti che sono in cima e in fondo alla tua lettera: le scuse a monsignor Crociata, ai vescovi italiani, alla Chiesa che è in Italia e che, fraternamente, serve anche il mondo. Scusarsi penso che sia la cosa più bella che possa fare chi scrive quando, come tu dici, capisce di essersi sbagliato e di essere stato ingiusto. Spero di esserne capace anch’io, se mi dovesse accadere (nonostante le migliori intenzioni, a tutti può infatti capitare di fare errori nel tono e nella sostanza). Sulle altre argomentazioni non mi dilungo – l’hai già fatto tu, da par tuo – e del resto i lettori di "Avvenire" sanno già quel che c’è da sapere sul movimento-setta ugandese Lra e su al-Qaeda. Così come i lettori di "Avvenire" già sanno – lo ricordi tu stesso – di quelle voci che dall’Italia politica si sono alzate, in Parlamento e per iniziativa del ministro degli Esteri, a difesa dei cristiani perseguitati nel mondo.Aggiungo solo che se il problema fosse stato che ti era «rimasto nella penna» il ruolo svolto da questo giornale nel rendere nota la tragedia dei cristiani crocifissi in Sud Sudan, non avrei scritto una riga. Ci interessa la verità nei fatti del mondo e la causa di ogni uomo e di ogni donna martirizzati a motivo della fede nel Risorto, non rivendicare primazìe informative.Il punto vero era, invece, quel che dalla penna ti è uscito a proposito del segretario generale della Cei e dei nostri vescovi. E su questo, a beneficio dei lettori di "Avvenire", fai qui ampia chiarezza. Se e quando ti capiterà di farla anche sul quotidiano dove abitualmente scrivi, anche altri lettori potranno apprezzarlo.Intanto, sì, posso dire di aver apprezzato io – e molto – il tuo ragionamento e la tua testimonianza controcorrente a proposito della Ru486, quella pillola abortiva che sulle pagine del "Giornale" qualcun altro ha tenacemente provveduto a indorare. Auguri sinceri per il tuo lavoro di parlamentare della Repubblica.

Marco Tarquinio

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