Con logica di pace e difesa popolare nonviolenta oltre massacri e macerie
martedì 19 aprile 2022

Caro direttore,
in questa lettera di Natale del 2007, dedicata ai rapporti in famiglia, scritta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, c’è tutto quello che serve per dare un giudizio cristiano sulla situazione attuale (che poi è giudizio del Papa, e che “Avvenire” è l’unico a sostenere in modo esemplare): “[Siamo] diventati tutti suscettibili (...) parole spesso gridate per imporre un punto di vista, invece che farsi capire (...) l’amor proprio non sopporta di chiedere scusa e quindi cerca di ferire invece che di guarire, riepiloga i precedenti, si accanisce a rinfacciare piuttosto che trovare parole di perdono... sorgono domande: dove abbiamo sbagliato? perché ci è capitato questo? La ricerca delle cause (...) talora può perdersi in un groviglio inestricabile di accuse reciproche, di opinioni arbitrarie, di angosce inutili (...) il perché più giusto non è quello che significa: per colpa di chi?... ma piuttosto quello che significa: a che scopo? per quale via si può trarre il bene anche dal male?” (Natale 2007). E... dal male della guerra, adesso che ormai la frittata è fatta? Invece, tutti pensano a fare altre frittate, ma nessuno ha ragione veramente finché non introduce un nuovo fattore: Cristo, il perdono, il fattore che il Venerdì Santo il Papa ci ha obbligato a considerare con la partecipazione insieme di due donne – un’ucraina e una russa – alla “sua” Via Crucis.

Fabio Sansonna

Gentile direttore,
grazie! Finalmente stamane (18 aprile, ndr) a “Tutta la città ne parla” di Radio3 durante l’intervista che le ha fatto Pietro Del Soldà ho potuto sentire un giornalista affermare che poteva esserci un’altra opzione di difesa in Ucraina. Se la classe dirigente fosse stata – lei ha detto – «all’altezza della sfida», si sarebbe potuta opporre una «difesa nonviolenta», fatta soprattutto, ma non solo, di «disobbedienza civile» all’invasore. L’intera società ucraina era forse impreparata, un po’ come lo sarebbe la nostra. Eppure la difesa nonviolenta oggi nella guerra moderna rappresenta l’unica possibilità per evitare massacri e macerie e la più piena espressione della democrazia che mette la difesa nelle mani anche dei deboli e dei fragili. Ha avuto successi storici e il tema è ben presente nella letteratura non solo a partire da Gandhi, ma dagli anni 70 nei lavori degli autori stranieri Ebert, Galtung, Sharp, Semelin, in Italia Capitini, Drago, Salio, L’Abate, Pontara.... Ma i giornalisti non ne parlano. Forse non conoscono neppure il tema. È stata presentata nella scorsa legislatura una proposta di legge di iniziativa popolare e ne è stata sollecitata la ripresa alla presente. Ma tutto tace. Meritorio dunque il suo intervento e spero che questo tema trovi sempre più spazio e approfondimento nel suo giornale, nelle occasioni di intervento, nei dibattiti pubblici.

Guido Lamberti Torino


La differenza tra resa e resistenza nonviolenta alla violenza è radicale. Proprio come quella tra indifferenza e perdono. E come quella tra “logica di guerra” e “logica di pace” che coincide con la logica e la pratica dell’opposizione civile e della conciliazione e della riconciliazione e mai con quella della remissività al cospetto dell’ingiustizia. Da anni continuiamo a scriverne, convintamente e anche problematicamente, sulle nostre pagine. Perché ci sono comunque prezzi da pagare su questa via di futuro, e lo testimoniano le parabole dolci-amare di grandi figure come Gandhi, Martin Luther King e Mandela, oltre alla semina di importanti pensatori, alcuni espressamente richiamati dal gentile signor Lamberti, e di uomini di Dio come don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani e don Tonino Bello. Torneremo, gentili e cari amici, a ragionare e a proporre vie – “familiari”, ha ragione caro dottor Sansonna, e perciò stesso rivoluzionarie – che conducano a un’alternativa forte e netta al massacro che i potenti della Terra continuano a mettere in atto in Ucraina e altrove. Sono contento che anche chi abitualmente non ci legge, ci ascolti. Come ascolta il Papa e ogni altro uomo o donna di buona volontà che non subisce il fascino sinistro delle bombe e non si fa assordare da esse.

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