mercoledì 16 giugno 2010
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Caro direttore,il professor Lubrano Di Diego nella sua bella lettera del’11/06/10 chiedeva, all’indomani dei tagli del 10% degli stipendi degli insegnanti statali, di risparmiargli "la solita e a questo punto nauseante litania intorno al valore dell’educazione e della cultura". Mi sembra che la conclusione della risposta da Lei data (" E la prego: tutte le mattine, entrando in classe continui a essere se stesso. Anche gli studenti guardano negli occhi i loro professori") ricada nella inadeguata vuota retorica che l’autore della lettera depreca. Il deputato Pd Eugenio Mazzarella, nell’articolo sullo stesso argomento e sulla stessa pagina, contesta l’accettazione della riduzione liberistica del lavoro dell’insegnante "a merce, per cui il suo prezzo è fatto dalla legge della domanda e dell’offerta". Magari così fosse: se attraverso l’abolizione del valore legale del titolo di studio si liberalizzasse il mercato dell’istruzione, da un giorno all’altro docenti e studenti capaci e meritevoli si vedrebbero immediatamente premiati in giusta misura rispetto agli altri. Certo questo obbligherebbe a pagare bene i docenti più validi e farebbe tornare la scuola ad essere un canale di promozione socio-economica basato solo sul merito e non sull’estrazione sociale. Dunque l’onorevole Mazzarella o non capisce o finge di non capire. Rimane come dato di fatto che l’ultimo governo di centro-sinistra, guidato da Prodi, ha alzato l’aliquota Irpef sui redditi dei docenti dal 23% al 27%, mentre l’ha abbassata per i redditi superiori. È ora di finirla di prenderci in giro con questo bipolarismo-tenaglia che fa solo il gioco dei più forti. Anche in questo caso le belle parole non ingannano più nessuno.Cordiali saluti

Prof. Leonardo Zappa (Bg)

Tutto può ridursi a retorica, gentile professor Zappa. E qualunque parola o frase, di fronte a problemi assai seri, può apparire vuota e inadeguata. Figuriamoci l’incoraggiamento di un giornalista a un insegnante – come il suo collega Lubrano Di Diego – motivatissimo eppure, a ragione, infuriato per gli indiscriminati tagli alle retribuzioni del personale docente. Un quotidiano ha il "potere" di raccontare i fatti (anche quelli che riguardano maestri e professori) e di dar voce ai protagonisti (insegnanti, sindacalisti, parlamentari come il professor Mazzarella). Può, insomma, contribuire a far emergere un problema. Può sottolinearlo. E forse – ma anche questa speranza le suonerà un po’ retorica... – può dare una mano a risolverlo. Il problema del "ruolo" di chi insegna e quello, conseguente, dei criteri di una sua "giusta retribuzione" meritano senza dubbio una simile attenzione. Che non può che comprendere anche il nodo della "qualità" dell’insegnamento impartito.Vedo poi che lei, da professionista dell’istruzione, non ha dubbi sulla virtù, per così dire taumaturgica, dell’abolizione del valore legale del titolo di studio. È qui il cuore della sua protesta. Io non sono certo che sia anche il cuore della questione-scuola, ma il tema – come si sa – è all’ordine del giorno da tempo. Mi auguro che la sua veemente "provocazione" giovi almeno al dibattito.
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