Cantiere scuola: 2017 da usare bene
sabato 7 gennaio 2017

Nonostante la partenza in salita, sono sempre di più coloro che augurano al nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni di poter affrontare sino in fondo le molte e complesse questioni aperte. Questo vale anche per la scuola, un settore che vede, per il 2017, tante emergenze da risolvere. Innanzitutto c’è il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto, scaduto ormai da 7 anni, sul cui rinnovo lo scorso 30 novembre è stato siglato un accordo che prevede un aumento di 85 euro mensili (lordi medi, nel prossimo triennio). Non è ciò che i lavoratori auspicavano, ma in un momento di austerità come quello attuale era forse il massimo a cui si potesse realisticamente aspirare, e bene hanno fatto – dimostrando senso di responsabilità – i sindacati confederali a firmare. C’è poi il capitolo spinoso della legge sulla 'buona scuola' (107/15), tanto voluta dal Governo Renzi quanto invisa ai docenti in diversi suoi punti.

Tutti gli osservatori hanno riconosciuto nella sostituzione di Stefania Giannini con Valeria Fedeli alla guida del dicastero dell’Istruzione un segnale di forte discontinuità con il governo precedente (che colpisce tanto più quanto più sono stati rari i cambiamenti ai vertici ministeriali nel passaggio di consegne tra Renzi e Gentiloni). Sarebbe ingenuo e illusorio pensare che il nuovo governo, sostenuto peraltro dalla stessa maggioranza parlamentare del precedente, potrà capovolgere quanto fatto negli ultimi tre anni in materia scolastica, di giusto ma anche di molto sbagliato. C’è però da sperare che in un impegno attentissimo nel delicato passaggio dai princìpi generali della legge ai regolamenti attuativi che li declinano in concreto. La nuova responsabile ha dichiarato che non intende rinunciare al compito di proseguire su questa strada. Sarebbe bello che nel farlo prendesse coscienza di quanto sia importante ascoltare il mondo della scuola, affinché esso venga coinvolto nei processi decisionali che lo riguardano: la scuola va ascoltata in tutte le sue componenti, anche per evitare che l’ideologia prevalga sul buon senso (vedasi la questione dell’educazione al 'genere', di cui si è ampiamente dibattuto, in un confronto aperto con la stessa ministra Fedeli, su queste pagine). I problemi sulla scrivania ministeriale sono diversi.

C’è, per cominciare, il tema della chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, che nel primo anno di attuazione ha rivelato gravi criticità: al di là del principio (che può essere discusso), soprattutto per come le procedure sono andate configurandosi, con presidi sostanzialmente impreparati a un ruolo di 'reclutatori del personale' al quale nessuno li ha davvero formati. C’è poi la questione del bonus premiale riservato ai docenti 'migliori' di ogni scuola, che, configurandosi di fatto come una forma di 'salario accessorio', andrebbe riportato alla contrattazione di istituto, anziché all’arbitrio di criteri fissati in autonomia dalla dirigenza (con un passaggio meramente formale attraverso gli organi collegiali): anche in questo caso si tratta di coinvolgere attivamente i lavoratori e le loro rappresentanze nel processo decisionale inerente alla valorizzazione del merito. Non mancano le urgenze relative al reclutamento del personale: vanno riattivati al più presto i Tfa (tirocini formativi attivi), i corsi di specializzazione dopo laurea che abilitano all’insegnamento, fermi da un anno, per dare certezze ai giovani laureati che intendono percorrere questa carriera, nonché i concorsi per dirigenti scolastici, soprattutto nella prospettiva dei numerosi pensionamenti previsti con il prossimo anno scolastico.

Matteo Renzi aveva assicurato di voler guarire l’istruzione italiana dalla vecchia malattia della «supplentite»: certo, c’è stato un piano straordinario di assunzioni (e di questo all’ex premier va dato atto), eppure il precariato è ben lungi dall’essere sparito: solo sul sostegno sono ben 30mila i supplenti annuali che ricoprono cattedre di fatto. Insomma, alla nuova responsabile della scuola italiana – che cammina, ricordiamole sempre, sulle due gambe della scuola statale e della scuola paritarie tenute a fornire lo stesso servizio pubblico – non manca il da fare. Con l’inizio del nuovo anno è dunque doveroso augurarle buon lavoro, contando in un approccio ai problemi che sappia ascoltare e condividere idee, prospettive e soluzioni, per ridare slancio e fiducia a un settore, quello dell’istruzione, decisamente strategico per il futuro del Paese.

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