Basta pena capitale perché pietà non muoia e la misericordia possa curare l'umanità
sabato 9 ottobre 2021

Caro direttore,
pietà è morta. E la misericordia è agonizzante. Ernest Johnson, 61enne afroamericano affetto da gravi deficit intellettuali, che uccise tre dipendenti d’una stazione di servizio durante una rapina nel 1994, è stato condannato a morte, ucciso con una iniezione letale nello Stato americano del Missouri. Non sono serviti – come “Avvenire” ha sottolineato in cronache e commenti – gli appelli alla clemenza rivolti da papa Francesco all’inflessibile governatore dello Stato Mike Parson. Non è servito che l’uomo condannato avesse le capacità intellettive d’un bambino. Evidentemente, in America, soprattutto i repubblicani continuano ad essere affezionati alla barbara e inumana pena capitale. Evidentemente, diversi politici Usa sono avvezzi a violare allegramente e impunemente l’ottavo emendamento della Costituzione, che proibisce di mandare al patibolo le persone mentalmente disabili. Eppure, tanti cittadini, a varie latitudini, continuano a ritenere che la pena di morte sia un medievale e immorale strumento di annientamento, nient’altro che un ferrovecchio della storia, che, prima o poi, per la via diplomatica e della persuasione, verrà abolito in tutto il mondo.

Marcello Buttazzo Lequile (Le)

Non smettiamo di scrivere di quell’abominio che è la pena di morte proprio perché le coscienze sui ribellino e la riprovazione di tanti pesi sul cuore di chi, in ogni parte del mondo, decide di spegnere altre vite, anche fragili e malate, in nome della legge e persino invocando Dio. Ogni persona che viene messa a morte per noi cristiani, qualunque sia la colpa che porta o di cui è accusato, ha anche il volto dell’Innocente ed è parte della carne piagata del nostro Dio crocifisso. Sono sempre più convinto, gentile e caro amico, che ognuno di noi deve continuare a fare la propria parte, anche solo non tacendo dolore e indignazione, perché la misericordia curi l’umanità e la pietà torni viva.

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