venerdì 10 settembre 2010
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Caro direttore,ho appena ascoltato il discorso di Obama sullo stato dell’economia Usa: un altro pianeta. Politica allo stato puro, elementare, con citazioni positive dei grandi presidenti repubblicani (suoi avversari) del passato, e rispettose ma ferme e chiare denunce delle differenze fra la politica attuale dei repubblicani e dei democratici. Quando ha detto che ha ridotto le tasse per la classe media ma non per i ricchi (quelli sopra i 250.000 dollari l’anno) ha detto testualmente di loro: «Che Dio li benedica, ma non ci possiamo permettere il lusso di regalare loro 700 miliardi di tasse... ». Ha citato tre esempi concreti di leggi, recentemente passate nonostante l’accanita opposizione dei repubblicani, mostrando che cosa ne hanno ottenuto i cittadini e che cosa sarebbe avvenuto se quelle leggi non fossero passate. Ha detto: «Le imprese avranno agevolazioni fiscali solo se creano posti di lavoro qui da noi, per noi». «Le assicurazioni non possono più rifiutarvi un ricovero in ospedale». Ha detto: «Pur con questa enorme crisi, abbiamo investito fortemente nella scuola: 10.000 dollari di bonus per chi manda un figlio al college»... Ha detto: «Non mi avete eletto per stare seduto a inseguire i sondaggi, ma per fare cose difficili e anche impopolari, ma giuste per voi e per i vostri figli... ». Un altro pianeta. Noi, per sentire discorsi del genere, dobbiamo tornare indietro di 50 anni. Meditiamo, gente, meditiamo, e rimbocchiamoci le maniche.

Anna Pesenti, Lurago D’Erba (Co)

Non possiamo neanche immaginare di tornare indietro di mezzo secolo, caro signor Leopoldo. Ma possiamo immaginare benissimo di darci da fare – «rimbocchiamoci le maniche», come lei dice – per entrare davvero nel tempo della piena maturità del nostro sistema democratico. Quanto all’America, so almeno due cose. Del modello di vita americano non tutto può e deve necessariamente piacerci. Ma del modo americano di vivere la democrazia – sia nella fase della competizione sia in quella dell’alternanza al potere – dovrebbe, invece, convincerci quasi tutto. Certo un fair play che è sostanza, certo il coraggio – che ha accomunato presidenti democratici e repubblicani – della coerenza tra proclami elettorali e azioni di governo. Barack Obama sta rinnovando questa tradizione con un piglio che non lascia indifferenti. E se l’operato della sua amministrazione suscita anche interrogativi (che sulle nostre pagine abbiamo puntualmente registrato e sottolineato, raccontando pure i moti di opposizione che si stanno innescando), sono importanti gli esclamativi dovuti a uno stile amministrativo che alle parole accompagna tenacemente i fatti. A me, da cittadino italiano, impressiona soprattutto la capacità di pensare al futuro e di investire per prepararlo. Grandi opere oggettivamente necessarie e priorità comunque ben individuate. Scelte sviluppate in una dialettica con le assemblee legislative che è serrata eppure rispettosa. Sì, gentile e attento amico, fa proprio riflettere ascoltare e guardare ciò che accade oltre l’Atlantico in contemporanea alle ben altre "opere" che, in questa tormentata estate, continuano ad andare in scena nel teatro politico nostrano. Anche il poco o il tanto di buono che si progetta (e che pure accade) perde, così, forza e non ha risalto. È davvero deprimente. E in una vischiosa fase di crisi, questo, è più che mai un peccato mortale.
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