martedì 10 luglio 2018
Europa, Italia e fare politica in un’ottica cristiana
Foto dell'archivio Siciliani

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Caro direttore,

quando non venne accolto l’appello di Giovanni Paolo II a premettere al Trattato per la Costituzione europea il richiamo alle comune radici greco-latine e giudaico-cristiane, si rinunciò a definire il profilo della nostra identità comune e si sono create, le condizioni per un ritorno alla supervalutazione delle specifiche identità nazionali. L’europea 'questione delle radici' è anche argomento di politica interna (e fondamento del populismo), ma soprattutto rimanda al rigetto di quella grande tavola valoriale su cui, secolo dopo secolo, sono stati scolpiti i princìpi di fraternità, giustizia, condivisione, responsabilità sociale.

La nostra storica identità comune è l’esatto contrario di una concezione individualista della vita e della politica; di una politica appunto 'identitaria' solo nel senso di egoriferita, egocentrica, negatrice della solidarietà. Quella cattiva politica che, negli ultimi anni, si è sviluppata in Paesi di antica tradizione cattolica o comunque cristiana. Ne sono spia le pulsioni anti-umanitarie che caratterizzano leader dichiaratamente credenti come il calvinista ungherese Orban o certi ministri cattolici polacchi, austriaci o bavaresi. Fino non molto tempo fa, sarebbero state impensabili recenti e gravi insolenze in risposta alla citazione evangelica «ero forestiero e non mi avete accolto»...

Limitiamoci all’Italia. La fin troppo citata frase di Benedetto Croce, secondo cui non è possibile 'non dirsi cristiani', sembra aver perso buona parte del suo significato, perché siamo di fronte a una mutazione antropologica in non piccola parte del nostro popolo.

Papa Francesco parla di un «cambio d’epoca». Il sale e la luce, che dovrebbero essere i cristiani nella attuale condizione, rischiano di perder sapore e forza e, in una vasta riflessione pubblica, siamo condotti a chiederci se i cattolici, in politica, sono o non sono ormai irrilevanti. Molti sono gli inviti all’impegno. Il Papa ha sollecitato i giovani ad abbracciare «la politica con la P maiuscola». In occasione di una recente e solenne preghiera per l’Italia, il cardinale Bassetti è tornato ancora una volta a esortare perché si spendano i talenti personali nella politica, forma alta ed esigente di carità, secondo l’espressione di Paolo VI. Dal magistero si deve ripartire, per formare le coscienze, per educare alla testimonianza. E questo sebbene, a mio parere, le 'scuole di politica' anche diocesane (sempre e comunque molto importanti per presentare una visione e alcune modalità organizzative) non basteranno mai a garantire il riconoscibile profilo di credenti impegnati. È chiaro però che la formazione cristiana e umana è più che mai indispensabile.

Le parrocchie e le organizzazioni ecclesiali (associazioni, movimenti e cammini) sono e restano prezioso terreno di coltura per una consapevole classe dirigente di domani. Perché l’attività politica del credente , come ogni forma di caritas, è conseguente a una matura vita di fede, dono che va sempre corroborato. Un’esigenza che non viene certo meno per il fatto che, in questa fase storica, appare inattuale la prospettiva di un partito di riferimento maggioritario per i cattolici. Ancora Paolo VI ci ricordava che servono «testimoni più che maestri» (perché uno solo è il Maestro). Uomini e donne coerenti, capaci di dialogo, di magistero civile. Perché il politico cattolico non impone la sua visione della vita, ma la dimostra, interpretandola secondo princìpi saldi eppure con sincera apertura al dialogo.

Oggi più di ieri, nella sua azione politica e parlamentare, incontrerà problematiche nuove e persino inedite per le quali non ci sono ricette interpretative già sperimentate e davanti alle quali dovrebbe resistere alla tentazione rappresentata dalle conformistiche soluzioni offerte dalla secolarizzazione. Potrà trovarsi in minoranza, ma non dovrà rinunciare alla costruzione del bene possibile. Ci sarà sempre un problema di bilanciamento dei valori in gioco e saranno anche necessari compromessi, ma la coscienza formata e informata (e non utilizzata opportunisticamente) farà emergere il sale e la luce necessari alla società, che è costituita dalla limpida volontà di servizio a coloro che il Vangelo chiama «il prossimo».

Qui tutti gli interventi pubblicati sul tema dell’impegno dei cattolici in politica

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