Zar Putin alla corte di Orbán, lo "schiaffo" all'Ue
L'Unione Europea «accoglie con favore qualsiasi passo che porti a una pace giusta e duratura per l'Ucraina. Se la riunione proposta serve a questo scopo, per noi è positiva». In realtà, per Bruxelles lo smacco dell'Ungheria è notevole

L’Unione Europea fa buon viso a cattivo gioco. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, dice un portavoce, «accoglie con favore qualsiasi passo che porti a una pace giusta e duratura per l'Ucraina. Se la riunione proposta serve a questo scopo, per noi è positiva». In realtà per l’Europa lo smacco è notevole.
Il premier ungherese, in effetti, da reietto nell’Ue, quello che sistematicamente cerca di minare l’unità dei Ventisette nei confronti della Russia e blocca di continuo decisioni, adesso assurge nientemeno che al ruolo di anfitrione di un vertice Trump-Putin, e questo sul suolo dell’Unione Europea. La stessa che ha già varato (anche con il sì di Budapest) 18 pacchetti di sanzioni contro Mosca e discute ora il diciannovesimo pacchetto, che a questo punto rischia di arenarsi seriamente. La stessa che dichiara l’isolamento di Mosca e sostiene la Corte penale internazionale, che ha spiccato mandato di cattura per Putin, che invece sarà platealmente ignorata da Orbán (il ritiro dell’Ungheria dalla Cpi scatta solo l’anno prossimo). Oggi anzi Orbán, che non si è neppure degnato di informare i partner europei, ha chiamato Putin per garantirgli personalmente che non corre alcun rischio. «Grazie a una leadership di lunga data a favore della pace e a partnership affidabili – esulta su X il leader magiaro - offriamo un contesto affidabile, sicuro e politicamente stabile. Non c'era altra scelta. In poche parole: possono contare su di noi! «. Da vedere, peraltro, come farà l’aereo del Cremlino ad arrivare a Budapest, visto che tutti i voli russi, pubblici o privati sono banditi dall’Ue in base alle sanzioni.
Vengono, oltretutto, ignorati due punti cruciali dell’Ue: che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sia al tavolo dei negoziati e che lo sia pure l’Europa, la cui sicurezza è in gioco. «E’ bastata una telefonata di Putin per smontare mesi di lavoro su Trump» sbotta un alto diplomatico europeo. Perché in questi mesi gli europei, anche con la visita di vari leader a Washington tutti insieme, erano riusciti progressivamente a indurire Trump verso il capo del Cremlino, a portarlo a mostrare maggiore sostegno a Kiev. «Eravamo riusciti – dice il diplomatico – a far passare il messaggio che non si può dimenticare chi è l’aggressore e chi l’aggredito».
Il primo effetto del colloquio telefonico tra Casa Bianca e Cremlino si è visto subito: mentre fino a un minuto prima il presidente Usa era possibilista sull’invio dei missili Tomahawk, temutissimi dalla Russia (di qui la chiamata), dopo, improvvisamente, Trump avvertiva che no, gli Usa quei missili non possono mandarli in Ucraina perché servono a loro. La sensazione a Bruxelles è che Putin sappia rigirarsi Trump come un calzino. Qualcuno cerca ancora di illudersi. «Trump – dice un alto funzionario Ue – non si sarà dimenticato di come Putin l’abbia tradito dopo il vertice in Alaska ad agosto, aumentando massicciamente l’attacco all’Ucraina anziché procedere verso una tregua». Molti ne dubitano. Sullo sfondo, permane la preoccupazione che alla fine si apra uno scenario di una Jalta 2.0, con Putin e Trump che, magari anche in nome degli affari (in cima alla priorità del presidente Usa, soprattutto quelli personali), si mettano d’accordo a spese di Ucraina ed Europa.
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