Una tomba trovata a Raqqa riapre il caso Dall'Oglio
Una squadra curda sostiene che all'interno ci sarebbe il corpo del gesuita italiano scomparso nel 2013. Molti i dubbi. La verità del vescovo di Aleppo: «Ucciso dall'Isis il 22 aprile 2014»

«Da alcuni giorni la voce girava. Poi, ieri, il parroco caldeo cattolico di Qamishlie, padre Midal Tomas, ha ricevuto una lettera da una persona che fa parte dei gruppi di ricerca degli scomparsi. Gli ha detto di avere notizie del luogo in cui il Daesh gettava i corpi delle proprie vittime. Là, in quel terreno aperto detto al-Frusia cioè "il maneggio", ha aggiunto, avrebbero potuto esserci i resti di Paolo Dall'Oglio. Questa mattina la squadra si è recata sul posto e ha trovato quella che, secondo loro, era la tomba del gesuita italiano. Non so su cosa basassero quella certezza. Ho pensato che avesse qualche segno religioso, come un Crocifisso o un Rosario. Questo è quello che posso dire. Saranno le analisi degli esperti ora ad appurare la verità». A parlare con Avvenire è monsignor Antranig Ayvazian, vescovo armeno cattolico di Qamishlie, le cui dichiarazioni, rilanciate da Oggi, hanno riportato l'attenzione sul sacerdote scomparso a Raqqa il 29 luglio 2013. La città all'epoca era la capitale siriana dello Stato islamico: il fondatore della comunità di Mar Musa, espulso un anno prima dal regime di Damasco di Bashar al-Assad, vi si era recato in segreto per mediare nella liberazione di alcuni ostaggi. Il buco nero della guerra civile, però, ha risucchiato. Negli ultimi dodici anni, più volte, si sono rincorse notizie sulla sorte del gesuita, coraggioso esempio di difesa dei diritti umani durante la dittatura. Finora, però, quanto gli sia accaduto resta avvolto nell'ombra.
Anche stavolta non ci sono conferme sul presunto ritrovamento del corpo di padre Paolo a Raqqa. E tutte le autorità coinvolte mantengono la massima prudenza. Lo stesso vescovo Aycazian ha spiegato: «Dobbiamo accertare ancora di più la realtà di questa scoperta. Tocca a me come vescovo cattolico la responsabilità di seguire il caso. Tocca a me come vescovo cattolico la responsabilità di seguire il caso. Ho informato la nunziatura e l'ambasciata italiana a Damasco e questa sera mi metterò in contatto con il generale Mazloum Abdi, il comandante delle forze democratiche siriane, milizie curde alleate degli Usa». «Non posso confermare la veridicità o meno della notizia», ha dichiarato il nunzio a Damasco, monsignor Mario Zenari. Lo stesso ha affermato Jihad Yussef, colui che ha sostituito Dall'Oglio a Mar Musa.
«Attendiamo le verifiche prima di pronunciarci», ha aggiunto il vicario apostolico di Aleppo, padre Hanna Jallouf che, però, in questo momento, ha voluto raccontare la sua verità parlando apertamente della morte del sacerdote, fatto che prima d'ora non era stato mai ufficialmente confermato. «Ho saputo che è stato ucciso in questa data: 22 aprile 2014», ha detto a Il cavallo e la torre. «E' stato liquidato dall'Isis quando è entrato a Raqqa» mentre cercava di passare nelle zone controllate dal governo di Bashar al-Assad. «Almeno da quello che ho saputo, c'è stato un litigio tra lui e il capo del posto di blocco dove voleva passare. Lui era molto determinato e quando hanno capito che era un cristiano, Paolo ha risposto: "Ma tu cosa ne sai del Corano, io lo so meglio di me"». L'uomo si sarebbe irritato e lo avrebbe colpito a morte. «Quando hanno saputo chi era dopo che lo avevano liquidato, hanno deciso di portarlo via e di seppellirlo». Per mesi, ha sottolineato il vicario apostolico, padre Dall'Oglio sarebbe rimasto tra il Kurdistan e la Siria per cercare di entrare nelle zone del regime fino all'uccisione a un posto di blocco.
Scettica sul ritrovamento la sorella del sacerdote romano, Francesca Dall'Oglio. «Ne abbiamo sentite tante.... Una segnalazione online è comparsa venerdì. Un mio canale è riuscito a parlare con chi l'ha messa in giro. Si tratta di una persona che ha parlato con il fratello di uno sceicco imprigionato, credo a Qamishli, e che diceva che il corpo di Paolo era stato sepolto in un maneggio a Raqqa. Non in una fossa comune, sepolto da solo. A questo punto ho sentito il Syria justice and accountability center (Sjac), organizzazione impegnata nella ricerca delle fosse comuni a Raqqa. Il fondatore, Mohammad al- Abdallah, mi ha risposto domenica, ipotizzando una "fake news". Mi ha promesso di verificare con i team a Raqqa e ieri mi è arrivata la smentita». La Farnesina, da parte sua, sta monitorando gli eventi. La Procura di Roma, che aveva archiviato l'indagine nel 2023, ha delegato i carabinieri del Ros, reparto antiterrorismo, per cercare eventuali riscontri.
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