Una “poltrona per due” a sindaco di New York: aperti i seggi

La sfida è tra l’ex governatore Cuomo e il socialista musulmano Mamdani. Il primo è al 33% il secondo al 43. Trump: taglierò i fondi
November 4, 2025
Andrew Cuomo (a sinistra) e Zohran Mamdani (a destra)
Andrew Cuomo (a sinistra) e Zohran Mamdani (a destra)
Oggi la Grande Mela è chiamata alle urne per scegliere chi, tra il socialista musulmano Zohran Mamdani e l’ex governatore Andrew Cuomo, sarà il nuovo sindaco. Nella sfida tra i due figli del Queens il favorito, al momento, è Mamdani, 33 anni, membro dei Democratic Socialists of America, che i sondaggi danno al 43 per cento. Il giovane consigliere comunale ha in un certo senso già vinto: a luglio, si è aggiudicato la nomination del partito democratico stappandola, a sorpresa, a Cuomo. Il suo linguaggio è caratterizzato da toni diretti e dichiaratamente progressisti. Parla di giustizia abitativa, razzismo sistemico, solidarietà con la Palestina e riforme sociali a spese dei ricchi. I detrattori lo accusano però di essere più un attivista che un amministratore. Il suo principale oppositore è l’ex potente governatore dello Stato di New York, Cuomo, che le rilevazioni danno al 33 per cento. È lui l’uomo, dimessosi meno di quattro anni fa in seguito ad accuse di molestie sessuali, che si è visto sfilare sotto il naso l’investitura ufficiale del partito. Non si è però arreso e si è proposto agli elettori come candidato indipendente. Formula che gli dà la libertà di strizzare l’occhio anche ai repubblicani.
Il presidente Donald Trump, come al solito, è entrato a gamba tesa nella competizione poche ore prima che si aprissero i seggi.  «Se il candidato comunista Zohran Mamdani vincesse le elezioni a sindaco di New York, è altamente improbabile che io contribuisca con fondi federali, se non per il minimo indispensabile, alla mia amata prima casa, perché, come comunista, questa città un tempo grande ha zero possibilità di successo, o addirittura di sopravvivenza! La situazione può solo peggiorare con un comunista al timone, e non voglio, come presidente, inviare soldi buoni dopo quelli cattivi», ha tuonato su Truth il tycoon, aggiungendo: «Che Andrew Cuomo vi piaccia o meno, non avete davvero scelta. Dovete votare per lui e sperare che faccia un lavoro fantastico. Lui ne è capace, Mamdani no».
Anche Israele è intervenuto mentre i seggi stavano aprendosi. Il console generale a New York, Ofir Akunis, ed ex ministro del Likud, il partito di Benjamin Netanyahu,  ha attaccato il principale candidato democratico: «Mamdani rappresenta un chiaro e immediato pericolo per la comunità ebraica» di New York a causa del suo sostegno alle manifestazioni pro-palestinesi in città». Per Akunis, ha riportato Haaretz, l'elezione del socialista rappresenterebbe una «minaccia chiara e immediata per le istituzioni ebraiche e le sinagoghe, la maggior parte delle quali sono sorvegliate dal Dipartimento di Polizia di New York». Nasce da qui l'altro appello di Trump: «Un ebreo che vota per Mamdani, che odia gli ebrei, è uno stupido».
Cuomo, figlio dell’intellettuale cattolico, Marco, che fece la storia dello Stato di New York tra l’‘83 e il ‘94, è diventato il candidato preferito di chi cerca una figura «accettabile» da contrapporre a un musulmano socialista. Il suo favore è cresciuto non a caso nella comunità ebraica, la più grande degli Stati Uniti. L’avvocato si presenta come l’unico in grado di «rimettere ordine nella città» e di «fermare la deriva caotica dell’ideologia». Ma per gli addetti ai lavori il suo unico obiettivo è riabilitarsi a livello locale per tornare sulla scena nazionale. Magari, è lui stesso ad averlo ventilato, alle presidenziali del 2028. Con quale partito, lo si vedrà. A Cuomo è andato l’appoggio del primo cittadino uscente, il democratico Eric Adams. Anche lui era in corsa ma a fine settembre, a schede già stampate, ha deciso di ritirarsi perché scoraggiato da magri consensi zavorrati dall’aver negoziato con la Casa Bianca l’archiviazione di un caso di corruzione a suo carico in cambio di collaborazione sul fronte dell’immigrazione. In lizza c’è pure il repubblicano Curtis Sliwa, leader dei Guardian Angels, che si è sempre presentato ai comizi con il basco rosso in testa: un dettaglio della divisa dei guardiani civici della città diventato icona del folklore newyorkese. I sondaggi lo danno fermo al 14 per cento. La sfida, nei fatti, è tra Mamdani e Cuomo. Il primo inveisce contro il secondo: «È un burattino di Trump». «Sa di avere poche chance di arrivare alla City Hall – aggiunge – e decide di finanziare la sua impresa con i soldi dei donatori miliardari del tycoon». Cuomo, da parte sua, ribatte: «L’incompetente socialista 33enne ucciderà New York e offrirà all’amministrazione federale una scusa per assumerne il controllo».
Diverse sono le città statunitensi che hanno avuto un sindaco musulmano ma nessuno mai ha tenuto le redini di una metropoli. L’approdo di Mamdani a New York, il più grande agglomerato urbano del Paese, farebbe la storia come Sadiq Khan, britannico di origine pachistana, l’ha fatta a Londra. L’appuntamento di martedì è importante. New York smuove ogni anno un giro d’affari da 2,3 trilioni di dollari. È l’hub politico e sociale più rilevante d’Oltreoceano nonché, dettaglio significativo per Trump, «santuario» per il maggior numero di immigrati . La contesa per l’affidamento della poltrona di primo cittadino ha costretto i democratici a fare i conti con il deficit di leadership che, con la sconfitta di Kamala Harris alle presidenziali dell’anno scorso, rappresenta ancora un tasto dolente. Ci si chiede, per esempio, quanto il progressismo faccia bene al partito. Il dubbio è il suo unico effetto sia offrire al trumpismo il fianco della sinistra ferita. Il divario tra i due «front runner « si è ristretto negli ultimi giorni (da 16 a 10 punti). Ciò significa che la partita è tutta da giocare. Oggi si vota anche per il governatore in Virginia e New Jersey. La California va alle urne per il referendum su distretti elettorali.

Gli sfidanti 

Zohran Mamdani, 33 anni, musulmano, nato in Uganda da genitori indiani, è arrivato negli Stati Uniti all'età di 7 anni. Laureato in studi africani, abita nel quartiere multietnico del Queens e fino a un anno fa fa era un semisconosciuto consigliere municipale. Figlio di un professore alla Columbia e della regista vincitrice a Venezia nel 2001 con «Monsoon wedding - Matrimonio indiano», Mira Nair, ha scalato in pochi mesi tutti i sondaggi, conquistando i giovani, i bianchi e gli intellettuali, proponendo un agenda «socialista», come l’ha definita Trump.
Andrew Cuomo, classe 1957, avvocato, è stato governatore dello Stato di New York dal 2011 al 2021. Si è dimesso in seguito a uno scandalo a sfondo sessuale. È nato nel Queens in una famiglia di origini italiane: i nonni paterni erano di Salerno, quelli materni di Messina. Ha mosso i primi passi nella politica facendo campagna elettorale per il padre Mario, democratico, che è stato numero uno dello Stato di New York dal 1983 al 1994. Candidato indipendente alla poltrona di primo cittadino della Grande Mela perché ha perso le primarie del partito democratico. 

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