Ucraina, l'appello dei tre Nobel: «Ancora possibile la via della pace»
Viaggio in Italia di Oleg Orlov (russo), Oleksandra Romantsova (ucraina) e Leonida Sudalenka (bielorusso) per presentare la campagna People First. «Il primo passo è liberare tutti i prigionieri»

Tre Nobel per la pace sono stati in missione in Italia nei giorni scorsi: Oleg Orlov, co-portavoce di Memorial dalla Russia, Oleksandra Romantsova, direttrice esecutiva del Centro per le Libertà Civili di Kiev e Leonida Sudalenka, direttore della sezione di Gomel’ di Vjasna, l'associazione bielorussa per la difesa dei diritti umani fondata da Ales' Bjaljahki su invito della sezione italiana di Memorial. Realtà russe, bielorusse e ucraine che nel 2022 hanno ricevuto l’alto riconoscimento che suonava come un estremo invito al dialogo a pochi mesi dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina.
Un incoraggiamento a chi in quella regione cerca, nonostante tutto, di rilanciare umanità e dialogo. Quanto accaduto da allora è la cronaca feroce della guerra con distruzione e morte di soldati e tanti civili innocenti. Ferite che segneranno per decenni quelle comunità. Il loro operare insieme è la prova che nelle società di quei Paesi esistono embrioni di umanità per poter guardare al futuro con speranza. La visita – e gli incontri al Ministero degli Esteri, con la commissione Camera e Senato e con alcuni esponenti dei partiti – erano finalizzata alla presentazione della campagna “People First”, lanciata dalle due organizzazioni Nobel, la russa Memorial e l’ucraina Centro per le Libertà Civili. La priorità assoluta di qualsiasi accordo ottenuto al termine dei negoziati, è stato sottolineato, deve essere la liberazione di tutti i prigionieri detenuti in seguito alla guerra russa di aggressione contro l’Ucraina.
Vale a dire le migliaia di civili ucraini detenuti dallo Stato russo; le migliaia di prigionieri di guerra ucraini e russi detenuti da ambedue gli schieramenti; gli almeno 20.000 bambini deportati illegalmente in Russia; le centinaia di prigionieri politici russi incarcerati per avere protestato contro la guerra.
Incontrando la delegazione italiana, Olexandra ha affermato: «Con le organizzazioni per i diritti civili come Memorial Russia ed altri, collaboriamo da tempo. Si può dire in un territorio come i Paesi baltici, il Caucaso, la Moldovia, la Bielorussia oltre naturalmente all’Ucraina e la Russia dove ad accomunarci ci sono i traumi del passato sovietico. Insieme a Memorial, sin dal 2014 documentiamo i crimini di guerra. A sostegno dei cosiddetti prigionieri del Cremlino. Mi riferisco soprattutto a quei prigionieri prelevati dal Donbass e dalla Crimea, tra questi molti tatari, arrestati per motivi politici. Dal 2014 a noi attivisti ucraini non è stato più consentito seguirli e assisterli in Russia. Solo grazie alla collaborazione con i colleghi russi abbiamo potuto assicurare la difesa legale e siamo riusciti a scoprire dove fossero finiti. Sono stati trasferiti in carceri russe anche remote. Siamo riusciti a organizzare le visite dei loro parenti. Si tratta di un lavoro difficilissimo e abbiamo potuto capire fino in fondo che se tutto questo è stato possibile è perché si può essere cittadini di diverse nazionalità per noi dei diritti umani ciò che conta e ci accomuna sono gli stessi valori di umanità». «Nel 2022 l’assegnazione del Nobel non ci ha sorpreso essere accomunati ma è difficile perché gli ucraini sono feriti e delusi per quanto sta facendo la Russia.
Un incoraggiamento a chi in quella regione cerca, nonostante tutto, di rilanciare umanità e dialogo. Quanto accaduto da allora è la cronaca feroce della guerra con distruzione e morte di soldati e tanti civili innocenti. Ferite che segneranno per decenni quelle comunità. Il loro operare insieme è la prova che nelle società di quei Paesi esistono embrioni di umanità per poter guardare al futuro con speranza. La visita – e gli incontri al Ministero degli Esteri, con la commissione Camera e Senato e con alcuni esponenti dei partiti – erano finalizzata alla presentazione della campagna “People First”, lanciata dalle due organizzazioni Nobel, la russa Memorial e l’ucraina Centro per le Libertà Civili. La priorità assoluta di qualsiasi accordo ottenuto al termine dei negoziati, è stato sottolineato, deve essere la liberazione di tutti i prigionieri detenuti in seguito alla guerra russa di aggressione contro l’Ucraina.
Vale a dire le migliaia di civili ucraini detenuti dallo Stato russo; le migliaia di prigionieri di guerra ucraini e russi detenuti da ambedue gli schieramenti; gli almeno 20.000 bambini deportati illegalmente in Russia; le centinaia di prigionieri politici russi incarcerati per avere protestato contro la guerra.
Incontrando la delegazione italiana, Olexandra ha affermato: «Con le organizzazioni per i diritti civili come Memorial Russia ed altri, collaboriamo da tempo. Si può dire in un territorio come i Paesi baltici, il Caucaso, la Moldovia, la Bielorussia oltre naturalmente all’Ucraina e la Russia dove ad accomunarci ci sono i traumi del passato sovietico. Insieme a Memorial, sin dal 2014 documentiamo i crimini di guerra. A sostegno dei cosiddetti prigionieri del Cremlino. Mi riferisco soprattutto a quei prigionieri prelevati dal Donbass e dalla Crimea, tra questi molti tatari, arrestati per motivi politici. Dal 2014 a noi attivisti ucraini non è stato più consentito seguirli e assisterli in Russia. Solo grazie alla collaborazione con i colleghi russi abbiamo potuto assicurare la difesa legale e siamo riusciti a scoprire dove fossero finiti. Sono stati trasferiti in carceri russe anche remote. Siamo riusciti a organizzare le visite dei loro parenti. Si tratta di un lavoro difficilissimo e abbiamo potuto capire fino in fondo che se tutto questo è stato possibile è perché si può essere cittadini di diverse nazionalità per noi dei diritti umani ciò che conta e ci accomuna sono gli stessi valori di umanità». «Nel 2022 l’assegnazione del Nobel non ci ha sorpreso essere accomunati ma è difficile perché gli ucraini sono feriti e delusi per quanto sta facendo la Russia.
Pensate che ancora nel gennaio del 2014 erano tantissimi i russi che venivano a Kiev, a Lviv. Ma tra noi attivisti collaboriamo come prima e non potrebbe essere diversamente. Oleg Orlov insieme a Yan Rachinskj sono stati da noi prima del 2022 e con l’esperienza in Cecenia ci hanno insegnato molto». Intanto, dall’altra parte del “muro”, risuonano le parole di Dmitrij Muratov che continua la sua campagna per chiedere la liberazione dei prigionieri politici e soprattutto di coloro che versano in condizioni più gravi. Questa volta si è rivolto alla Svizzera. Tante le ragioni dell’appello rivolto a questo Paese.
La sua storia che ha dimostrato di saper promuovere dialogo e mediazione fra Stati; ospita l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'Onu e la Croce Rossa, e ha ospitato la sigla delle convenzioni di Ginevra. Muratov fa appello anche alle “First Ladies” dei Paesi occidentali affinché promuovano da una posizione meno politicamente impegnativa e vincolante dei presidenti per salvare la vita ai prigionieri politici.
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