Trump, Netanyahu e la “realtà aumentata” del Nobel per la Pace
Anche il premier israeliano ha candidato il leader Usa al Premio: i paradossi di una guerra

In un mondo reale, se un latitante ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità candidasse chiunque al premio Nobel per la Pace, in particolare un amico che ha dichiarato guerra a un Paese rivale bombardandolo con ordigni da milioni di dollari e che avesse chiesto la grazia per tutti i reati per i quali è invece processato in patria, sarebbe quantomeno imbarazzante. In un mondo reale, ma non nella realtà aumentata a cui da mesi Donald Trump ha abituato il mondo e con lui Benjamin Netanyahu che ieri sera, nel bel mezzo della cena alla Casa Bianca, se n’è uscito annunciando di avere già inoltrato la richiesta a Oslo perché Trump "sta forgiando la pace mentre parliamo, in un Paese, in una regione dopo l'altra.
E se, in un mondo reale il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, annunciasse di aver dato istruzioni all'esercito e al suo ministero di presentare un piano per la creazione di una nuova "città umanitaria" nella Striscia di Gaza meridionale, sulle rovine di Rafah? Con la stupefacente idea di ospitare inizialmente, dopo aver trovato partner internazionali (come avvenuto per la Gaza humanitarian foundation e le stragi del cibo) circa 600mila palestinesi che vivono nella zona di Mawasi, sulla costa, da quando sono stati sfollati da altre zone della Striscia ma senza permette loro di lasciare la zona, chiusi tra i reticolati della “città umanitaria”? Oppure, se ieri Trump e Netanyahu fossero tornati sulla spiaggia a Gaza, le deportazioni volontarie di palestinesi e tutto quanto ha fatto inorridire il mondo quasi un mese fa?
Alla fine, forse, basterebbe un pizzicotto o servirebbe semplicemente guardare i notiziari o leggere i giornali, per scoprire che invece è tutto vero nella realtà (né reale né aumentata) del meraviglioso mondo dell’uomo che sogna il Nobel per la Pace. Se non fosse che Oslo e il suo comitato per l’assegnazione del Premio restino, anche per formazione culturale e obiettività, più vicini alla Groenlandia che a Washington o a Mar-a-lago.
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