Trump contro Macron, l'Italia divisa: cosa succede con lo “Stato” di Palestina

La mossa francese apre il dibattito sulle posizioni dei diversi Paesi rispetto a Israele. Per gli americani significa riconoscere Hamas. Il nostro governo frena, ma le opposizioni insorgono
July 24, 2025
Trump contro Macron, l'Italia divisa: cosa succede con lo “Stato” di Palestina
Ansa | La bandiera della Palestina sventola a Parigi
«La catastrofe umanitaria a cui assistiamo a Gaza» è «inaccettabile» e «deve finire ora». Come anticipato da Keir Starmer, la dichiarazione congiunta di Gran Bretagna, Germania e Francia è arrivata al termine della «chiamata di emergenza» fra i tre leader. Solo il presidente Emmanuel Macron, però, ha fatto lo scatto ulteriore con l’annuncio, nella tarda serata di giovedì, del riconoscimento della Palestina da parte della Francia in occasione dell’Assemblea generale Onu di settembre. Il primo dei Paesi del G7 a compiere un simile passo. In Europa, Spagna, Irlanda e Norvegia lo hanno già fatto. Ma la Francia è casa delle più grandi comunità ebraica e islamica. Da qui lo scalpore suscitato dalla decisione. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha espresso una condanna senza appello «a una simile scelta dopo il massacro del 7 ottobre: «Un premio al terrorismo. I palestinesi non vogliono vivere a fianco a Israele, bensì di sostituirlo».
Il segretario di Stato statunitense, Marco Rubio, ha parlato di «gesto sconsiderato», uno «schiaffo alle vittime di Hamas» e un «ostacolo alla pace». Donald Trump ha tagliato corto: «Quello che dice Macron non importa, non ha alcun peso». Nella lettera, inviata al capo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, Parigi si è impegnata a convincere altre nazioni a fare altrettanto. I partner su cui sta lavorando sul dossier mediorientale, però, appaiono cauti. La Germania, estremamente prudente data la pesante eredità storica, non intende procedere con il riconoscimento «a breve» poiché la sicurezza di Tel Aviv è di «importanza fondamentale per il governo tedesco», secondo quanto affermato dal portavoce Stefan Kornelius. Anche Londra va con i piedi di piombo. Alla richiesta di 221 deputati di nove differenti partiti, Starmer ha risposto ribadendo il proprio sostegno al riconoscimento della Palestina. «Deve, però, fare parte di un piano più ampio che porti alla soluzione dei due Stati». Un orizzonte ampio. L’urgenza, nel frattempo, è quello di fermare la guerra e mettere fine alla catastrofe umanitaria. La mossa francese arriva in uno dei momenti più drammatici del conflitto: lo spettro della fame è diventato realtà quotidiana e tangibile nella Striscia. Le denunce – ultima quella dell’Associazione dei medici cattolici italiani che ha rivolto un appello «a ricercare l’umanità, barbaramente ferita e smarrita» – hanno probabilmente accelerato la decisione di Macron, fino ad ora incline a inquadrare il dossier Palestina nel percorso di normalizzazione tra Paesi arabi e Israele.
Ad aprile c’era stata un’apertura in tal senso. Due mesi dopo, a giugno, avrebbe dovuto svolgersi la conferenza Onu sui due Stati, guidata proprio da Parigi e Riad. La guerra dei dodici giorni con l’Iran, ha fatto slittare il vertice alla settimana prossima. Nel frattempo, però, la carestia incalza e il negoziato di Doha è fallito, nonostante le promesse di Trump, il quale, però, rifiuta di mettere alle strette Netanyahu affinché dia ad Hamas la garanzia richiesta per la tregua: la non ripresa dei combattimenti dopo lo stop. L’Eliseo ha, dunque, deciso di prendere le distanze con nettezza da quest’ultimo, con un gesto che sa di protesta. Quali effetti reali possa produrre non è chiaro. Per portare a risultati l’attivismo di Macron dovrebbe trovare il supporto dei Ventisette. L’Europa, però, è divisa. E la diplomazia mercantilista e ondivaga di Trump non va oltre le boutade. La fine della guerra, a meno di sorprese, appare tutt’altro che imminente.

Tajani: «Il riconoscimento sia reciproco»Ma la frenata non convince le opposizioni

La mossa del francese Emmanuel Macron dà la stura al dibattito anche in Italia: per tentare di fare qualcosa, è ora o no di risconoscere la Palestina come Stato autonomo? Tanto per cambiare, la contrapposizione è netta fra i due poli principali. Il governo Meloni e il centrodestra lo escludono, per le opposizioni l’apertura di Parigi diventa una ragione per rafforzare il pressing sulla richiesta che si muova anche l’Italia ora, assumendo finalmente una posizione «chiara e coraggiosa». A nome di Palazzo Chigi, a chiudere ogni discorso ci ha pensato subito, stamattina, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «L’Italia è da sempre per la soluzione due popoli e due Stati - ha argomentato al consiglio nazionale di FI -, ma il riconoscimento del nuovo stato palestinese deve avvenire in contemporanea con il riconoscimento, da parte loro, dello Stato di Israele». Una posizione messa poi nero su bianco anche nel documento politico finale, votato all’unanimità dall’organismo di Forza Italia. Nel centrodestra, una sottile crepa su una posizione altrimenti compatta è giunta solo dal presidente della Camera. Anche Lorenzo Fontana non è convinto fino in fondo dall’annuncio macroniano, ma almeno ha aperto alla questione: «La cosa non mi vede contrario, però non so se così si risolve il conflitto», ha osservato durante la tradizionale cerimonia del Ventaglio. «La domanda che mi facevo - ha proseguito Fontana - era se aiuta a risolvere o ad aggravare» la situazione, perché «da un lato può aiutare a depotenziare Hamas, dall’altro il rischio è che Israele, sentendosi accerchiata, possa reagire». Peraltro la Lega, il suo partito, ha affidato a una netta nota la propria posizione: «Lo Stato palestinese? Prima il rilascio di tutti gli ostaggi e lo scioglimento del gruppo terrorista islamico di Hamas».
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani - Ansa
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani - Ansa
L’opposizione si muove compatta e plaude ai cugini d’Oltralpe, andando in pressing perché altrettanto faccia Palazzo Chigi. «Apprezzo che anche la Francia riconosca lo Stato di Palestina, dobbiamo ottenere che anche l’Italia lo faccia - ha affermato la leader del Pd, Elly Schlein -. Ci tenevo a ribadirlo perché ho letto dichiarazioni incomprensibili del ministro Tajani per cui la strada è quella dei due popoli e due Stati. Peccato che uno Stato già esiste, mentre l’altro è illegalmente occupato». Solo il primo di una serie di attacchi a Tajani, a seconda dei casi definito «sconcertante» (Laura Boldrini) o timido, con una varia gamma di aggettivi. Ad aizzare da casa dem la polemica contro il capo di FI è soprattutto Beppe Provenzano: «il nostro ministro degli Esteri sa di cosa parla? - ha affondato il colpo il responsabile Esteri dem -. Dice che serve il riconoscimento di Israele. A parte che l’Italia lo ha riconosciuto nel 1949, anche la Palestina, con l’Olp, lo ha già fatto nel 1993, con gli accordi di Oslo. È Israele semmai che deve riconoscere la Palestina, ponendo fine all’occupazione illegale dei suoi territori».
Duro è anche il leader del M5s, Giuseppe Conte: «E l’Italia? Mentre Salvini prende premi per l’amicizia con Israele, Meloni si rifiuta di sospendere il memorandum d’intesa militare con il governo criminale di Israele - è il suo sfogo -. E sulla stampa leggiamo inquietanti notizie di nuovi contatti tra vertici militari di Roma e Tel Aviv, di nuovi piani di cooperazione militare su cui il governo dovrà fornire chiarimenti. Che vergogna nazionale». Per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, «Meloni dovrebbe seguire Macron, un messaggio politico fortissimo per esercitare pressione su Netanyahu affinché consenta l’accesso degli aiuti alla popolazione palestinese». Dello stesso avviso Avs e Prc.
Degna di nota è poi la presa di posizione di Carlo Calenda (in Europa vicino ai macroniani): «Macron ha capito un fatto, con Netanyahu e la destra israeliana al governo non ci sarà mai la pace e tanto meno un percorso verso due popoli e due Stati. A questo punto la comunità internazionale deve riconoscere lo Stato palestinese». Il dibattito sul riconoscimento non si è mai sopito del tutto nemmeno da noi. Appena il 23 maggio scorso la Camera aveva bocciato una mozione unitaria di Pd, M5s e Avs in cui si chiedeva tale passo diplomatico, oltre all’impegno per chiedere la sospensione dell’accordo di associazione fra Ue e Israele. Resta peraltro dietro le quinte un altro risvolto che potrebbe colorare di qualche imbarazzo la linea italiana sulla tragedia immane di Gaza: proprio da ottobre 2023, poco dopo la strage e il vile attacco perpetrati da Hamas, l’Eni (come noto controllata dal governo italiano) assieme ad altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto dal ministro dell’Energia israeliano la concessione per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte a Gaza, all’interno della “zona marittima G” ritenuta in acque di “pertinenza” palestinesi. Vicenda che a suo tempo fu oggetto anche di interrogazioni parlamentari.

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